SENZA CONTROLLI SVILUPPO IMPOSSIBILE
Il Ministro del Lavoro ha siglato, lo scorso 22 aprile, un protocollo d’intesa con la CIA (confederazione italiana agricoltori) per l’assunzione di 20 mila giovani dai 15 ai 25 anni.
“ … il Governo ha deciso di prendere di petto la situazione, bisogna iniziare a produrre qualcosa di nuovo, iniziare a produrre posti di lavoro …. è un cammino difficile ma sono convinto di poter raggiungere risultati importanti”
L’intesa permetterà alle imprese associate di attivare tirocini, rapporti di apprendistato, corsi di formazione per l’auto-imprenditorialità coi giovani che vogliono avvicinarsi all’agricoltura. A tale scopo sono destinati 1,7 miliardi di euro di fondi comunitari.
Peccato che mai in Italia siano stati presi “di petto” fenomeni quali il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori agricoli che in moltissimi casi arriva sino ad una vera e propria riduzione allo stato di schiavitù.
Il settore dell’Agricoltura è sconvolto dall’illegalità, non solo nel mezzogiorno, ma in tante altre parti d’Italia. Nel Lazio, per esempio, dove nell’agro pontino gli indiani del Punjab sono preda di caporali e costretti a turni massacranti di 12 ore senza interruzioni e pagati 2 o 3 euro all’ora, come emerge da una recente interrogazione parlamentare.
La risposta dello Stato a questa piaga purulenta è stata l’introduzione dei c.d. “voucher” che non hanno neppure scalfito il fenomeno e che più che a regolarizzare i rapporti illegali hanno rappresentato un elemento di destrutturazione delle tutele assistenziali e previdenziali dei lavoratori presso le aziende meno esposte alle mafie e al caporalato, in quanto usati come sostitutivi del tradizionale rapporto di lavoro stagionale.
Forse, ci permettiamo di dire, si dovrebbero assumere molti altri ispettori e metterli nelle condizioni di svolgere un’attività di controllo efficace in agricoltura, settore in crescita, nonostante la crisi, ma a quale prezzo? E’ bene sempre ricordare che l’Agricoltura è il secondo comparto per infortuni con esito mortale.
Quanti sono gli ispettori in Italia impegnati nella vigilanza in agricoltura, dove tra l’altro il fenomeno del caporalato s’intreccia quasi sempre con quello diffusissimo delle false cooperative? In realtà sono pochi sia gli ispettori del lavoro sia quelli dell’Inps. Qual è la tipologia delle aziende agricole controllate e sanzionate dai pochi ispettori esistenti? Si tratta cioè di aziende con centinaia di braccianti spesso schiavizzati, oppure, per esempio, ad essere sottoposti ad ispezione sono i piccoli vivai, i piccoli allevamenti di pollame, le piccole coltivazioni di carciofi ecc.?
A quanti anni fa risalgono le campagne nazionali contro il sommerso in agricoltura attivate dal Ministero del Lavoro, dai nomi fantasiosi del tipo: “Operazione Coccinella”?
S’informi il Ministro Poletti di come è combinata la vigilanza in agricoltura; del perché siano state eliminate presso le allora DPL le già poche auto di servizio messe a disposizione degli operatori, nonostante le difficoltà per individuare i luoghi e quindi raggiungere le aziende agricole da controllare; di quanto il vigente sistema di valutazione della produttività non permetta di fatto agli Uffici di “perdere tempo” programmando una vigilanza volta a tutelare, tanto per fare solo un esempio, i diritti di migliaia di indiani sparsi nelle campagne tra Roma e Latina.
In una situazione del genere, che purtroppo non riguarda solo l’agricoltura, 20 mila giovani ispettori laureati e formati sarebbero stati altrettanto necessari per rilanciare il tanto invocato sviluppo.
Del resto, senza implementare in modo serio il numero degli ispettori - altro che i 250 del decreto legge “Destinazione Italia” - senza fornirli di strumenti per un’azione efficace e senza retribuirli in modo adeguato, non sarà mai possibile prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso e quindi promuovere la qualità del lavoro come raccomanda la Commissione Europea.
Roma, 13 maggio 2014
USB/P.I. Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.