RIFORMA P.I.

RIORGANIZZAZIONE MINISTERO DEL LAVORO

Nazionale -

Mentre la c.d. riforma Madia galoppava  verso il traguardo finale mediante la consueta fiducia,  i vertici dei sindacati confederali spudoratamente dichiaravano che  la riforma della P.A.  si accanisce contro i lavoratori pubblici e che si sarebbero aspettati più coraggio (sic !) dal governo Renzi..

Ovviamente siamo stati i soli a proclamare lo sciopero generale del Pubblico Impiego, il 19 giugno,  contro tale riforma.

Del resto cosa aspettarsi dalle stesse sigle sindacali che hanno invocato per anni la meritocrazia dei pubblici dipendenti, facendo finta di non vedere le vere cause delle inefficienze degli apparati burocratici dello Stato e della P.A. nel suo complesso, anzi spesso coprendole mediante indifferenza o ignavia (nella migliore delle ipotesi), come insegnano i molti casi di clientelismo, sprechi, corruzione, giganteschi conflitti di interessi ed intrecci perversi di variato tipo, da parte delle Alte Sfere, di cui solo la  punta dell’iceberg finisce sui media.

Anni e anni di maldicenze contro i pubblici dipendenti e di invocazioni alla meritocrazia (mentre al contempo il berlusconismo  di destra e di “sinistra” permeava l’intera società italiana) si sono concretizzati nelle riforma Brunetta, col suo devastante ed ipocrita sistema  super selettivo di misurazione e valutazione della “performance” attraverso  l’assegnazione di punteggi, in ogni caso umilianti, che a tutti noi  hanno fatto fare un balzo all’indietro di 50anni !

Tutto condito da un frasario suggestivo e abbindolante del tipo: cultura della valutazione, miglioramento della performance, customer satisfaction, trasparenza ecc… ecc… 

 In verità, così come la precarizzazione del lavoro non ha prodotto negli anni maggiore occupazione,  anzi ha prodotto disoccupazione dilagante, anche il sistema di valutazione dei dipendenti pubblici non ha prodotto servizi più efficienti, anzi ha accompagnato l’ulteriore processo di privatizzazione dei servizi pubblici svuotati  progressivamente e dall’alto  delle funzioni proprie.

Ma non è bastato. Occorreva andare oltre, dare la mazzata finale,  affondare il bisturi ed eliminare il cancro, la causa dell’inefficienza della P.A. cioè, in una parola, la inamovibilità dei lavoratori pubblici. E bisognava  fare in fretta approfittando dei frutti avvelenati, ormai  maturi, prodotti dopo lo spargimento a valanga, nell’opinione pubblica, di  semi di odio  puro nei confronti  degli impiegati troppo numerosi,  privilegiati, fannulloni e ladri.

Si badi bene, l’attacco all’inamovibilità, non si concretizza “solo” attraverso la mobilità obbligatoria e il demansionamento ma è la possibilità, ormai dietro l’angolo, di comminare licenziamenti di massa, come nel settore privato,  rendendo finalmente attuabile l’art.  2 comma 2 del D.lgs.165/2001 “… al lavoro pubblico si applicano le norme del codice civile relative al lavoro nell’impresa privata”.

Finalmente ci sono arrivati, finalmente sarà possibile applicare quello che da decenni in molti auspicavano si applicasse: non c’è siparietto o talk show televisivo ove non si indichi come causa principale del debito pubblico  in Italia il numero dei dipendenti pubblici, che va drasticamente ridotto, e dei pensionati a cui va ulteriormente tagliata la pensione, c’è da giurarci, non di certo quelle d’oro !

E allora noi vogliamo sapere cosa si prospetta per i dipendenti del M.d.L. , segnatamente per quelli degli Uffici periferici, visto che già da tempo il “si salvi chi può”  ha prodotto il trasferimento di molto personale (es. tantissimi ispettori)  verso i lidi più sicuri degli apparati centralizzati.

Questo ce lo devono dire a chiare lettere, e a chiari numeri, il 25 agosto alla presentazione del decreto di riorganizzazione del Ministero del Lavoro.

E a quei sindacati che oggi, e solo oggi, affermano che “nel corso degli ultimi anni la politica ha fatto del MdL terra di conquista e ha tolto competenze istituzionali per affidarle ad altri Enti ( da ultimo il Collocamento della manodopera confluito nelle Province)”  e che si preoccupano per l’accorpamento di ben 11 direzioni territoriali, a questi sindacati consigliamo la lettura, magari sotto l’ombrellone attraverso lo smartphone, di un nostro comunicato del 2007 che alleghiamo.

Può sembrare datato, ma nella sostanza non lo è.

 Roma 11 agosto 2014

 

USB -  Coordinamento Nazionale Lavoro Pubblico Impiego - Ministero del Lavoro e Politiche Sociali

RISPOSTA AL PROFESSORE ICHINO A SEGUITO INTERVENTO SU RAI TRE Roma – lunedì, 22 gennaio 2007

In una recente trasmissione televisiva su Rai Tre (“Cominciamo bene”  del 17/1 condotta da Fabrizio Frizzi ed Elsa Di Gati) il Prof. Ichino, per spiegare l’inefficienza della P.A. dovuta a suo dire essenzialmente agli impiegati fannulloni e ai sindacati che li difendono, portava come esempio quello che è accaduto al Ministero del Lavoro a seguito del decentramento delle funzioni del collocamento alle Regioni e, poi, alle Province con relativo trasferimento del personale.

Secondo il Prof. Ichino che sta portando avanti da tempo la crociata contro i dipendenti pubblici, decine di migliaia di impiegati hanno accettato il decentramento alla Regione e agli Enti Locali per restare a lavorare vicino casa, mentre potevano essere utilizzati più proficuamente dal Ministero del Lavoro, per esempio, per rafforzare il servizio ispettivo.

Ma da quale montagna del sapone scende costui? A chi vuole darla a bere e, soprattutto, qual è la colpa dei lavoratori? In quel periodo, correva l’anno 1997, la RdB del Ministero del Lavoro ha sfornato quantità industriali di volantini fortemente critici riguardo al decreto legislativo 469/97 che OBBLIGAVA il 70% del personale del Ministero al trasferimento ai centri per l’impiego gestiti dalle province “…tenuto conto delle esigenze funzionali dei nuovi Uffici..”, mentre stabiliva nel 30% la percentuale del personale che rimaneva nei ruoli del Ministero del lavoro e Previdenza Sociale.

La RdB indisse anche uno sciopero contro questa operazione, con relativo sit-in sotto la sede di via Flavia.

Sostenevamo una cosa che a noi pareva chiarissima più della luce del sole. Oltre 6500 lavoratori destinati ai centri per l’impiego erano troppi avendo la legge 196 /97, cioè il “pacchetto Treu” (norme in materia di promozione dell’occupazione) “innovato” il mercato del lavoro dando il via al lavoro interinale, ai co.co.co e aprendo le porte alle agenzie di lavoro interinale private.

Gran parte di tale personale, adeguatamente formato, poteva essere impiegato assai più utilmente per rafforzare l’attività di vigilanza sui luoghi di lavoro, tenuto conto del risibile numero degli ispettori in rapporto alle aziende. Le scelte liberiste imponevano invece un processo che, purtroppo, nulla aveva a che fare con il contrabbandato avvicinamento dei servizi  per l’impiego alla popolazione attraverso il decentramento delle “politiche attive del lavoro” e che, viceversa, molto aveva a che fare con l’eliminazione dei lacci e lacciuoli alle imprese in nome della competitività totale e della perdita di diritti di milioni di lavoratori condannati al precariato di massa.

Le normative che sono seguite ci hanno messo il carico da 90! Oggi, in sintesi, la situazione è questa: dai centri per l’impiego passano migliaia di contratti  a “progetto”  e moltissime  aziende e cooperative utilizzano tale tipologia contrattuale in quantità abnorme (spesso il 90% della forza lavoro) anche quando il “progetto” coincide totalmente  o si sovrappone  all’attività principale ed accessoria dell’impresa: dunque si tratta di truffe belle e buone. Manovali, facchini, pulitori vengono assunti a progetto. Cooperative sociali che svolgono attività di prevenzione, cura, riabilitazione, assistenza domiciliare, inserimento dei disabili nella scuola e nell’ambiente di lavoro e che prendono appalti pubblici, per esempio dai Municipi (come avviene su larga scala a Roma), per svolgere quella che è l’attività propria della coopertiva, assumono operatori a progetto, cioè autonomi, con tanto però di foglietto con gli orari da rispettare ogni giorno e l’obbligo della comunicazione preventiva di almeno 24 ore in caso di impossibilità ad eseguire la prestazione, ma senza diritti e con paghe sproporzionate rispetto al lavoro che svolgono, oltretutto, nella maggior parte dei casi, senza neppure preoccuparsi di formarli.

E qual è quell’ Assessore o dirigente provinciale o regionale, di destra o di sinistra, o quel “top manager” dei centri per l’impiego che di fronte a fenomeni così estesi ed evidenti si sia preso finora la briga di far controllare se le assunzioni a progetto presentino i requisiti di legge e, in caso contrario, dare disposizione al personale di segnalarle all’Ispettorato del Lavoro?

E anche quando i coraggiosi co.co.pro del collettivo precari dell’ATESIA presentano direttamente la denuncia al servizio ispettivo del ministero del lavoro, cosa succede? Gli ispettori vanno in azienda più volte e scoprono l’illegalità diffusa di migliaia di finti progetti dietro cui si cela il rapporto di lavoro subordinato.  Fanno il rapporto all’azienda, il rapporto viene bloccato dal TAR del Lazio, vengono inseriti “appositi” articoli in Finanziaria coi quali si condona l’azienda dal versamento delle retribuzioni pregresse, i contributi vengono pagati essenzialmente dal Ministero del Lavoro e da quello del Tesoro, il datore di lavoro deve impegnarsi ad assumere i finti lavoratori a progetto a tempo indeterminato ed il nuovo contratto, grazie agli accordi sindacali, sarà subordinato ma a part - time a  20 ore settimanali, con una paga - neppure  600 euro al mese – che non permette  quindi di vivere. Gli operatori del call-center dovranno stare a totale disposizione dell’azienda per ciò che concerne turni e orari. Se rifiutano i turni imposti, anche per motivi gravi e documentati, vengono licenziati.

Il lavoro degli ispettori è stato di fatto vanificato però in Finanziaria c’è l’assunzione di trecento ispettori! (300!) che si aggiungono agli idonei di un recente concorso e il cui numero complessivo, comunque, è assolutamente insufficiente.  Insomma, prof. Pietro Ichino, la colpa dell’inefficienza è dei dipendenti degli ex uffici di collocamento che vogliono il lavoro sotto casa, degli ispettori del lavoro che  percepiscono due lire di stipendio e operano con mezzi propri, a spese proprie senza percepire rimborsi, indennità, straordinari, oppure delle politiche liberiste a lei tanto care e di chi le persegue nella Pubblica Amministrazione con indubbio zelo e retribuzioni di tutto rispetto ?

Altro che Autority  per i fannulloni!

Roma, 22 gennaio 2007

 

P.S.  piccola annotazione dell’anno domini 2014:

all’attuale presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati, On. Cesare Damiano, nonché ex ministro del lavoro negli anni 2006/2008, rivolgiamo la seguente semplice domanda:

Perché a padron Tripi NO (per lui le liberatorie),  mentre ad Eddy De Falco Sì ?

Lo chiediamo anche all’ emerito prof. Pietro Ichino ben immaginando che non ci  arriverà risposta alcuna !

Roma 11/08/2014 

USB/P.I. - Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.