Servizio Politiche del lavoro? Forse
Da diversi mesi segnaliamo il sostanziale depotenziamento, presso il Servizio Politiche del lavoro della DPL di Roma, della Linea, pure istituita con la riorganizzazione del mese di novembre dello scorso anno, che si occupa delle c.d. controversie collettive. Non siamo astrattamente affezionati alla Linea in quanto tale, ma siamo preoccupati, e molto, per un’altra funzione dell’Ufficio che rischia di sparire.
Priva di funzionari effettivamente addetti, la linea in parola ha comunque svolto e vorrebbe continuare a svolgere una funzione strategica per ogni organo periferico del Ministero del Lavoro, quella della mediazione tra le parti sociali e dell’armonizzazione tra le diverse posizioni, sia nelle procedure di cambio appalto che nelle controversie riguardanti la corretta applicazione dei contratti collettivi e le relazioni sindacali in difficoltà.
Veniamo, invece, a conoscenza di una situazione che fa presagire come tutto questo sembri ormai appartenere al passato, mentre il presente si inserisce dentro il quadro del cosiddetto “nuovo modello sociale”, vale a dire dell’attacco congiunto al diritto del lavoro, alla contrattazione nazionale collettiva, alle libertà dell’azione sindacale, al carattere universalistico dei diritti sociali.
La vicenda è relativa a quello che per brevità indichiamo come “passaggio dei lavoratori” già in forza presso la Gemma spa (società pubblico/privata che offre servizi di supporto alle Amministrazioni Locali), alle dipendenze delle due società partecipate del Comune di Roma, Roma Entrate spa e Risorse per Roma spa .
A fare le spese del forte conflitto insorto da tempo tra Gemma Spa e Comune di Roma, con reciproche accuse di inadempienza, come sempre accade in questi casi, sono i lavoratori: parliamo di centinaia di lavoratori grazie ai quali il Comune di Roma recupera le proprie entrate ed in particolare di trecento lavoratori ad oggi licenziati e privi di occupazione che si sono rivolti, tramite organizzazioni sindacali, al nostro Ufficio.
Questa vicenda ha fatto emergere definitivamente la reale volontà della Direzione della DPL di Roma di abrogare in via di fatto quella stessa funzione (quella delle controversie collettive) che, in sede di riorganizzazione dell’Ufficio, aveva invece riconosciuto.
Infatti, tutte le OOSS rappresentative dei circa seicento lavoratori coinvolti chiedevano, in un primo incontro informale con la Direzione dell’Ufficio, di poter riunirsi dinnanzi alla DPL, alla presenza del Funzionario competente, per trovare un accordo con la parte datoriale subentrante, quale società per azioni che ha propria ed autonoma soggettività rispetto al soggetto pubblico partecipante e che applica ai propri rapporti di lavoro il contratto collettivo del settore terziario.
Questo accordo, così come tanti altri già conclusi dinnanzi alla DPL di Roma, avrebbe consentito alle parti del nuovo rapporto di lavoro - vincolata la società entrante alle nuove assunzioni - di definire le condizioni economiche e normative dei singoli contratti, garantendo a tutti lavoratori, anche se con diverse tipologie di contratto a tempo determinato, il nuovo inserimento a tempo indeterminato.
Tale strumento di tutela collettiva avrebbe peraltro garantito l’immediata rinuncia al contenzioso individuale pendente sia nei confronti del soggetto pubblico sia nei confronti delle società di diritto privato consentendo, a seguire, la chiusura di accordi seriali individuali in sede di T.O.C., a definitivo scopo deflattivo.
Invece, il Direttore, nella prosecuzione dell’incontro, si rifiutava di ricevere le O.O.S.S. e, ritenendo interlocutore privilegiato il Comune di Roma, comunicava all’Avvocatura dello stesso, che a sua volta riferiva ai rappresentanti sindacali, l’unico strumento di tutela accordato: quello del ricorso individuale dinnanzi alle Commissioni di conciliazione delle controversie di lavoro di pubblico impiego.
In tale sede, le singole vertenze si sarebbero dovute chiudere con un accordo raggiunto tra le parti, e-o con l’accoglimento di una “scaltra” proposta conciliativa accettata dalle parti. Lo schema dell’accordo raggiunto dinnanzi al Collegio di conciliazione avrebbe obbligato il Comune ad “ordinare” alla propria società partecipata di assumere il singolo lavoratore.
Lascia quantomeno perplessi la pseudo soluzione giuridica architettata, il cui sostanziale risultato è quello di vincolare l’Amministrazione Comunale a dirottare nei confronti di un soggetto altro le istanze di assunzione ad oggi pendenti in giudizio nei suoi confronti.
In tal modo, se la Società ordinata non ottemperasse all’ordine di assunzione impartito dal soggetto pubblico, i lavoratori non disporrebbero di alcuno strumento diretto di coercizione nei confronti di quest’ultima.
In altre parole, il Comune in questo modo si libera formalmente dei lavoratori e la ditta subentrante non è vincolata a tenerseli.
Inoltre, i lavoratori che hanno chiamato in causa il Comune di Roma sono solo una parte di quelli interessati. Alcuni hanno invece impugnato i licenziamenti adottati dalla Società privata uscente, altri hanno dato mandato alla rappresentanza sindacale affinché stabilisse un accordo collettivo con i nuovi datori di lavoro.
Questa vicenda costituisce peraltro un precedente unico nella storia di questa DPL: il ritorno al mittente della richiesta interlocutoria di attivazione degli strumenti di tutela che ciascun lavoratore, in via individuale o collettiva, è libero di scegliere.
Se è vero che in questa come nelle altre situazioni in cui si tratta di garantire la stabilità occupazionale, ciò che conta è il risultato, mortifica prendere atto che proprio il Ministero del Lavoro vanifichi gli strumenti di legge e della contrattazione collettiva più efficaci allo scopo e perda il suo ruolo essenziale di guida al percorso più utile a garantire entrambe le parti del contratto di lavoro, senza mai tralasciare la funzione primaria di assistenza alla parte debole.
Non c’è da stupirsi. In una fase di continuo attacco ai diritti ed alle tutele dei lavoratori, l’atteggiamento di disprezzo verso la vera ed urgente funzione di mediazione delle c.d. controversie collettive è assolutamente fisiologico.
Ma, allo stesso tempo, è assolutamente fisiologico che tanti dipendenti di questa Amministrazione continuino a ragionare con la propria testa ed antepongano alle beghe interne di potere la loro funzione e le urgenze sociali che li chiamano ad un ruolo delicato, fin quando viene loro permesso di esercitarlo.
Salvo dover prendere atto che le politiche del lavoro non esistono più e con esse le strutture organiche che solo sulla carta si occupano di “Conflitti di lavoro e relazioni sindacali”.
Roma, 22 ottobre 2010 RdB/P.I. Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.