Attività di vigilanza: i "normali" paradossi di un sistema fondato sul profitto.

Nazionale -

Come è noto l’Italia, con i suoi 180 miliardi di euro di evasione fiscale all’anno, è la maglia nera in Europa  e, sui media, quando en passant si tocca l’argomento,  tutti solennemente affermano:

“Va intensificata la lotta all’evasione contributiva e fiscale”.

Tale declamazione è sempre accompagnata dalla considerazione su quanto si potrebbe ottenere dal recupero, anche solo parziale, di questa immensa quantità di evasione:  indicazioni che vanno dal raggiungimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio alla creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Il tutto viene generalmente condito da trovate propagandistiche come le liste nere dei paradisi fiscali, i vistosi blitz della GdF nei luoghi di vacanza per i ricchi,  l’autodenuncia (con sospetta eleganza denominata  voluntary disclosure) da parte di coloro che hanno trasferito ingenti capitali all’estero frutto, per l’appunto, di evasione.  Senonchè i paradisi fiscali restano tali, i capitali esteri illeciti restano all’estero, i disoccupati  ovviamente aumentano e il carico fiscale continua ad abbattersi sul reddito dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei piccolissimi imprenditori e non certo sulle rendite, sui consumi  di lusso e sui patrimoni.

Ad essere tartassati quindi sono i più deboli,  il che è più che naturale all’interno di  un sistema capitalista che, tra l’altro, vuole uscire, e uscire rafforzato, dalla crisi in cui è sprofondato a causa di se medesimo. Se poi il tartassamento  ingenera rivolte qualunquiste di settori popolari divisi e disperati, per il sistema di cui sopra è tutto di guadagnato.

Su un totale di 28000 dipendenti dell’Inps, gli ispettori sono 1.800  e non è certo un caso se su di essi, regolarmente, si abbattono le leggi finanziarie o leggi di stabilità  (termine  oggi  ritenuto più accattivante per gli  investitori!) con i tagli cospicui  sui rimborsi del  costo della benzina, delle missioni ecc.

Lo stesso dicasi per gli ispettori del Ministero del  lavoro, il cui numero è ancora più basso ( a fronte di 3,843 milioni di imprese nel 2011)  e che, tra l’altro, non ricevono neppure  i miseri duecento euro lordi al mese dei loro colleghi dell’Inps  come indennità per le spese che devono affrontare ogni giorno nell’espletamento  delle loro funzioni.

Ma ora,  a fingere di risollevare le sorti  degli ispettori del  Ministero del lavoro,  ci ha  finalmente ben pensato il governo Letta che, grazie al D.L. 145 emanato il 23 dicembre, ha loro “regalato” per natale la possibilità, in fieri,  di vedersi finalmente remunerate le missioni in tempi meno biblici, avendo destinato all’uopo i maggiori oneri derivanti dal consistente aumento degli importi sanzionatori per il lavoro nero, la sospensione dell’attività imprenditoriale, la durata media dell’orario di lavoro, i riposi giornalieri e settimanali.

Ma… gli ispettori NON ringraziano!

L’inasprimento delle sanzioni previsto dall’art. 14, infatti, si abbatterà ancora una volta sul piccolo commerciante, il piccolo artigiano, la micro azienda  e ancor più gli ispettori saranno odiati in quanto percepiti come sciacalli da tutti, inclusi i lavoratori super sfruttati. Con quel che ne consegue anche sul piano della sicurezza personale, già abbondantemente provata.

Lo  Stato che l’antivigilia di natale del 2013 ha emanato il D.L. 145, con al suo interno l’articolo 14, è lo stesso Stato che, nell’estate del 2011, ha emanato il D.L. 138 con al suo interno il famigerato art. 8, poi travasato così come era, nella legge  di conversione del decreto avvenuta nel mese di novembre 2011 (legge 148/11).

Tanto per rimembrare, con questo articolo si è data la possibilità alle aziende -  nella pratica a quelle medio – grandi  di stipulare con i sindacati compiacenti contratti collettivi decentrati (o di prossimità) in deroga alle leggi e ai contratti nazionali  esistenti. Il regime di derogabilità riguarda materie che toccano l’intero diritto del lavoro e, quindi, i diritti che i lavoratori hanno conquistato in secoli di lotte. Le materie derogabili attengono a:

impianti audiovisivi, mansioni del lavoratore, classificazione ed inquadramento del personale, contratti a termine, somministrazione di lavoro, orario di lavoro, modalità di assunzione, disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni a progetto e le partite IVA, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro, licenziamenti. Insomma  è il c.d. “metodo Marchionne” sperimentato un anno prima (2010) a Mirafiori e  divenuto legge dello Stato l’anno dopo (2011).

E’ evidente, purtroppo, che dopo il varo della c.d. “manovra di ferragosto” la valenza dell’attività di vigilanza degli ispettori del lavoro si sia notevolmente ridotta.

Tanto per fare  solo un esempio, a seguito dell’accordo di prossimità  sottoscritto nel luglio 2012, relativo all’ “emersione” di gran parte del personale della rete di vendita, cioè  dei 700 “Golden  Point” della Golden Lady Company spa,   le sanzioni irrogate all’azienda dagli ispettori del Ministero del lavoro per l’utilizzo di finti associati in partecipazione, finti stage e altro,  saranno azzerate.

Quindi i grandi se la cavano, ancorché delocalizzano la produzione,  per esempio in Serbia come nel caso appena accennato, mentre per i piccoli, tipo negozietto dietro l’angolo, le sanzioni amministrative per il “nero” sono aumentate del 30%.  Sentiamo già nelle orecchie  qualcuno dei nostrani cervelloni esclamare:

“ignoranti,  si tratta di lavoro nero, mica grigio!!!”

Alla “luce” di quanto su detto, il D.L. n. 145/2013, con i nuovi importi sanzionatori,  appare come la trasformazione della tragedia in farsa. Infatti, se non ci fosse da piangere, per le gravissime conseguenze sul piano sociale che ne deriveranno, ci sarebbe da ridere a causa di una confusione normativa che mira soprattutto a salvaguardare il profitto.

E i poveri 250 ispettori che lo stesso decreto autorizza ad assumere  presso il ministero del lavoro, ci inteneriscono il cuore, sia per il numero ridicolo (in pochi anni centinaia di  ispettori  delle DTL sono stati sottratti all’attività di vigilanza e assorbiti dalla macchina burocratica ministeriale), sia perché resteranno inevitabilmente anche loro schiacciati tra lo stravolgimento delle regole a tutela dei diritti dei lavoratori e i loro  diritti di ispettori mandati allo sbaraglio, privi di mezzi, di protezioni  assicurative efficaci e di autorevolezza, additati da tutti, in primis dai governati, come coloro che ostacolano i processi di sviluppo delle imprese.

Salvo poi inasprire le sanzioni per pagargli le missioni.

Per questi e tanti altri motivi ancora,  questa  ennesima “schifezza” non deve  diventare legge.

 

Roma 17 gennaio 2014

                                         USB/P.I. -  Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.