ANALISI E PROPOSTE
Come Organizzazione Sindacale siamo fermamente convinti che per rilanciare la funzione strategica dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro occorra mettere in campo una serie di interventi capaci di ripristinare quel rapporto di fiducia con i lavoratori e con i cittadini che è stato minato alle fondamenta da scelte non orientate all'equità e alla giustizia sociale.
Coerentemente ai fatti registrati sono anni che denunciamo che si sta perseguendo un Ispettorato debole, meno incisivo, con riduzione della capacità di rispondere all’illegalità nel mondo del lavoro e con personale svilito e costantemente mortificato.
Nel primo trimestre 2025, e nonostante gli interventi legislativi presentati come miracolosi dal governo in carica, la storia non è cambiata: da gennaio ad oggi si registra un incremento percentuale delle morti e degli infortuni sul lavoro rispetto al 2024. Una vera e propria mattanza, scandita ogni giorno dalla tragica conta che i notiziari rimandano dalle cronache locali e a cui tutti sembrano ormai assuefatti, mentre sugli schermi rimbalzano roboanti dichiarazioni d’intenti in un susseguirsi di parole vuote e ipocrite.
L’ipocrisia di chi non è intervenuto quando doveva, di chi in questi ultimi trent’anni, anziché affrontare il problema, lo ha provocato attraverso il sostegno e l’approvazione di leggi, come il Jobs Act, che hanno indebolito i diritti dei lavoratori e la sicurezza sui luoghi di lavoro. L’ipocrisia di chi a queste leggi non si è opposto trascinando i lavoratori nel baratro della precarietà, della sudditanza e dello sfruttamento.
La verità è che per esercitare il diritto di fermarsi per salvare la propria vita bisognerebbe avere un posto fisso, sicuro, tutelato dalla minaccia del licenziamento. Proprio chi fa i lavori più rischiosi dovrebbe avere i contratti più tutelanti, invece è esattamente il contrario. Le leggi sul lavoro hanno costantemente indebolito il diritto del lavoratore a dire no alle condizioni di rischio, estendendo la precarietà. Non ti va di lavorare così? Quella è la porta. Così nell’organizzazione del lavoro il diritto è stato sostituito dal ricatto.
La frantumazione delle attività in tante microimprese, tra loro in competizione al ribasso sui costi, e la mancanza di coordinamento tra di esse non sono errori, ma rappresentano un modello organizzativo che ha come scopo il massimo profitto. Ed è evidente come in questi anni le scelte legislative abbiano reso più facile ed agevole il ricorso ad appalto e subappalto fino agli ultimi interventi governativi che li liberalizza ancora, nel nome di quel “non disturbare chi produce” molto caro alla destra liberista al governo.
Per questo USB si batte e chiede di intervenire sui salari (ultimi tra i Paesi del G20 per incrementi sugli stipendi secondo il rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro) e sul sistema degli appalti mettendo un limite alla sfrenata liberalizzazione, in particolare, di quelli a cascata il cui fine principale è il risparmio sui costi fissi (retribuzioni e sicurezza).
Di fronte a tutto questo noi restiamo convinti che l’attività di vigilanza debba essere orientata in direzione della lotta allo sfruttamento, del contrasto alle disuguaglianze subìte dai lavoratori, vere emergenze di questi anni, che richiedono competenze specialistiche e approfondimenti incompatibili con il “mordi e fuggi”.
Ma è evidente che la vera questione al fondo del lavoro sfruttato e della riduzione delle tutele sulla sicurezza, e cioè la ricattabilità alla quale sono sottoposti i lavoratori spesso determinata da condizioni di precarietà, non viene nemmeno sfiorata da chi ha la responsabilità di governare.
Proprio sulla capacità dello Stato di garantire controlli è doveroso ricordare, alla vigilia delle prove del nuovo concorso per 750 tecnici, cosa è avvenuto sulle sbandierate assunzioni di ispettori: dei 1249 posti messi a bando per il reclutamento, solo circa 650 sono stati coperti (in totale i tecnici sono 870), mentre tra gli ispettori ordinari solo circa 1400 sono operativi. Il resto, a causa della forte carenza di personale nel profilo amministrativo, viene impiegato totalmente o percentualizzato in funzioni diverse dalla vigilanza.
Numeri impietosi che svelano la centralità della questione salariale di fronte alla vergogna degli 800 miliardi da reperire per le armi. Sappiamo tutti quanto costa un affitto in città come Milano, Roma, Bologna…Perché per una professionalità spendibile sul mercato, come quella di un architetto o un ingegnere, dovrebbe essere appetibile un posto da ispettore con un salario basso e una destinazione fuori sede? Forse non è esattamente il “posto figo” di cui straparla il Ministro Zangrillo…
In un contesto così tratteggiato ciò che USB PI intende sottolineare è la necessità di dare un segnale di inversione di tendenza e di superare quella debolezza provocata anche dalle continue lotte corporative tra le diverse categorie di personale all’interno dell’INL.
Questa O.S. ha sempre denunciato, sin dalla nascita dell’INL, le innumerevoli falle di un’operazione mal ideata (proprio con il Jobs Act) che ha provocato un vero e proprio arretramento della capacità dello Stato di reagire di fronte al peggioramento delle condizioni dei lavoratori e all’incremento degli incidenti sul lavoro.
Non abbiamo mai nutrito alcuna aspettativa positiva su una riforma, partorita all’interno di quell’operazione di cancellazione dello stesso concetto di diritto del lavoro fondata proprio sul limite invalicabile del “nessun onere aggiuntivo per lo Stato”.
Negli 8 anni dall’avvio di questa “finta Agenzia” si è registrato un incremento a carico delle lavoratrici e lavoratori dell’INL di incombenze e responsabilità e, allo stesso tempo, una sempre più diffusa percezione di non essere retribuiti in modo adeguato e proporzionale al proprio impegno.
In questo contesto spicca la questione relativa alle differenze del salario accessorio tra il personale dell’INL e quello dell’INPS e dell’INAIL che, all'interno di una emergenza salariale acuita dalla esiguità degli stanziamenti previsti dall’ultimo rinnovo contrattuale, contribuisce a non rendere attrattivo il nostro Ente.
Restiamo convinti che non si sia fatto abbastanza per colmare la notevole sproporzione tre le competenze richieste per assicurare protezione, tutela e servizi ai lavoratori e il trattamento economico previsto per assolvere alle funzioni attribuite dalla legge.
Su questo punto rimane necessaria una presa di posizione dei vertici dell'INL e del Ministero del Lavoro per trovare soluzioni che abbiano un carattere strutturale.
Proprio qualche settimana fa abbiamo chiesto un sollecito intervento sul testo del Decreto Legge n. 25/2025 in modo da far approvare proposte capaci di alimentare i fondi destinati alla contrattazione integrativa, assicurando un trattamento economico adeguato alle funzioni svolte dalle lavoratrici e dai lavoratori dell’INL.
Il rafforzamento del trattamento accessorio dovrebbe rappresentare necessità prioritaria in modo da garantire a tutto il personale dell’INL una stabile tenuta economica mediante somme indennitarie legate alla funzione svolta (sempre rimaste nei cassetti nonostante l’incremento di competenze e incombenze) e, al contempo, per rendere appetibile la permanenza nei ruoli dell’INL del personale neoassunto che, dati alla mano, facilmente “esoda” in altre Amministrazioni “più ricche”. Nutriamo, dunque, la speranza che i vertici dell’INL e il Ministro del Lavoro si attivino politicamente con un emendamento e intervengano per garantire la nostra inclusione al fondo di 190 milioni, considerando che la storia di questa “finta agenzia” prevede che l’INL insegua ogni incremento dopo essere stato escluso dal riconoscimento.
E’ quanto meno paradossale (e qui un intervento della parte politica sarebbe necessario) che un’Amministrazione che garantisce entrate così ingenti alla fiscalità generale non possa veicolare l’ingente avanzo di bilancio conseguito e valorizzare adeguatamente il proprio personale (tutto il personale), colpito dall’insufficienza economica degli stanziamenti del rinnovo contrattuale e il cui impegno risulta determinante per il raggiungimento dei risultati.
La vicenda della sperequazione del trattamento accessorio si lega immediatamente al tema del raggiungimento degli obiettivi, poiché mentre l'asticella di questi ultimi viene costantemente innalzata, le nostre retribuzioni vengono drasticamente erose da una perdita salariale del 10% sull’inflazione certificata dalla firma del rinnovo contrattuale 2022-2024, che segna l’abbandono del CCNL quale strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni per tutti i lavoratori.
E ciò avviene in un contesto all'interno del quale, pur a fronte delle recenti assunzioni, l'emorragia di personale verificatasi negli ultimi anni stenta ad arrestarsi. Ci troviamo di fronte ad una personale amministrativo sempre più ridotto a causa dei pensionamenti, mentre i carichi di lavoro restano invariati o vengono incrementati pesando sulle spalle di un numero sempre più esiguo di persone.
Resta evidente che un piano massiccio di assunzioni di impiegati amministrativi che riallinei il personale effettivamente in servizio con le previsioni delle dotazioni organiche costituisca la conditio sine qua non per rilanciare i servizi volti all’esercizio dei diritti sociali dei lavoratori, per garantire quella miriade di adempimenti necessari al funzionamento degli uffici e, contemporaneamente, limitare quelle storture organizzative che determinano carichi di lavoro sempre maggiori su un personale sempre più ridotto.
La percentualizzazione di parecchi lavoratori e la conseguente adibizione su più processi rappresentano l’effetto delle vacanze d’organico nei ruoli amministrativi. Per questo, restando immutata la situazione, ovvero senza l’immissione e la giusta valorizzazione di personale che gestisca i servizi al pubblico e che si faccia carico degli adempimenti di front e back-office, si determinerà il fallimento di ogni progetto di potenziamento anche della funzione ispettiva. E non saremo di certo noi a cadere nella trappola della guerra tra categorie di personale con conseguente e sommo beneficio di chi ha interesse a tenerci divisi.
Ma le criticità non si fermano al numero dei dipendenti e riguardano anche le condizioni in cui questi dipendenti sono chiamati ad operare. La condizione del personale amministrativo non è dissimile rispetto a quella del personale ispettivo.
In materia di vigilanza sui rapporti di lavoro non cogliamo per il 2025 un concreto segnale di cambiamento, in particolare, sugli orientamenti relativi alla programmazione ispettiva. L’USB ha nel proprio DNA la difesa della funzione ispettiva e non sarà mai tenera con chiunque la mortifichi e la vanifichi. Proprio per questo pretende che si affrontino le criticità da tempo denunciate, a meno che non si voglia continuare a spingere gli ispettori ad una “produttività” fondata sulla quantità a scapito della qualità.
Respingiamo da sempre e con forza la spinta quantitativa e la declinazione dell’attività di vigilanza come pura e semplice repressione del lavoro nero, sempre più annidato negli strati inferiori del sistema imprenditoriale, sempre più ridotta ad attività di gabellaggio e sbirraglia contro i piccoli e i deboli. Non ci conforta vedere un ispettore più attento al risultato e meno ai diritti da tutelare e certo con una minore inclinazione ad approfondire gli accertamenti.
In materia di vigilanza non crediamo si debba operare a compartimenti stagni. Siamo convinti del fatto che vigilanza ordinaria e tecnica debbano integrarsi eseguendo controlli congiunti e capaci di determinare l’incremento della qualità delle ispezioni.
Ribadiamo, allo stesso tempo, di non credere alla figura dell’”ispettore tuttologo” e, per questo, rinnoviamo la necessità di indicazioni operative che sanciscano la separazione di competenze tra i profili ordinari e tecnici, vista l’esistenza di famiglie professionali distinte, di processi di lavoro separati e di un accordo sulle famiglie professionali che viene puntualmente disatteso, adesso anche per i profili amministrativi, con circolari (come nel caso dell’uso in deroga dei lavori chiusi sotterranei o semi-sotterranei) che assegnano compiti e relative competenze non rispettose dell’accordo sulle famiglie professionali.
Evidenziamo ancora una volta i pessimi risultati a livello organizzativo che sta provocando la regionalizzazione della vigilanza tecnica, scelta organizzativa inconcludente, che vede sorgere non poche criticità a livello operativo e che non consente di avere un approccio serio ed organico rispetto al tema della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Su questo vogliamo essere chiari: la sicurezza sui luoghi di lavoro non è un fatto meramente amministrativo, che resta sulla carta. Tutti gli attori in campo, datori di lavoro, professionisti e ispettori dovrebbero contribuire sul piano concreto. Spesso invece si affronta il tema in modo burocratico, con il solo obiettivo di dimostrare di essere in regola in occasione di un controllo. Pensiamo all’introduzione della patente a crediti che nessun risultato in termini numerici ha determinato sugli infortuni o sugli incidenti mortali o, ancora, ai corsi di formazione, quasi sempre finti, sui quali nel tempo si è sviluppato un enorme business.
Oltre a ciò, va segnalato come in non poche realtà territoriali manchino figure di riferimento, dotate di esperienza ispettiva, che possano far maturare il personale di recente assunzione. Non ci conforta veder crescere il personale ispettivo tecnico neoassunto all’interno di un’organizzazione del lavoro che spinge al numero e non all’approfondimento degli accertamenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Chiudendo il cerchio, al centro di ogni riflessione in tema di produttività del personale di vigilanza dovrebbe trovarsi la qualità, ovvero la tutela effettiva delle condizioni dei lavoratori realizzata attraverso l’accertamento ispettivo. Allora, meno numeri e più qualità degli accertamenti, non ci stancheremo mai di ribadirlo!
Il tema delle reali condizioni del personale rimanda poi alla questione dell'organizzazione del lavoro nelle sue diverse sfaccettature.
In diversi uffici mancano forme di raccordo effettivo tra la vigilanza e il servizio legale, una più stretta connessione tra i due settori.
Sarebbe importante fissare con periodicità momenti di incontro tra funzionari e assistenti di servizi differenti: lo scambio di informazioni e differenti prospettive può produrre effettivi positivi su alcune prassi e modus operandi.
Di certo gli ispettori beneficerebbero della maggiore collaborazione con chi “difende” gli atti di accertamento, così come i funzionari del legale lavorerebbero in modo più pratico e agevole se gli atti istruttori e conclusivi fossero disponibili e completi al momento della consegna dei fascicoli.
Sarebbe necessario predisporre un sistema che consentisse il passaggio di dati ed informazioni in maniera semplice e integrale da un servizio all'altro tramite il quale travasare violazioni e motivazioni nell'ordinanza.
Siamo ancora in attesa di una definitiva implementazione del modello di ordinanza per gli uffici, magari attraverso un software pratico e snello che consenta la formazione dell'atto ed il calcolo delle somme da ingiungere.
Dal lato ispettivo sono anni che aspettiamo il simulatore di buste paga e soprattutto il programma che consenta l’elaborazione dei recuperi sugli imponibili contributivi e premi da trasmettere ad INPS e INAIL.
Servono poi banche dati e portali con altri enti (ad es. Punto fisco e AdeR) con modalità di accesso semplici e "stabili". Spesso ci si perde dietro richieste, autorizzazioni, firme etc. per ottenere l’accesso e dopo poco tempo la trafila ricomincia con ulteriore perdita di tempo.
In merito, poi, alla formazione molti segnalano la frequenza a corsi sostanzialmente inutili, mentre servirebbe una formazione specifica e calibrata sui diversi settori di competenza di funzionari e assistenti. Troviamo del tutto insensato sottoporre i dipendenti ad una formazione generalista che non apporta alcun vantaggio reale né fattivo miglioramento per lo svolgimento delle varie attività istituzionali.
A ciò si aggiunga che quando si parla delle 40 ore della Direttiva Zangrillo ci si dovrebbe riferire non solo alle ore necessarie alla frequenza dei corsi, ma anche a quelle che servono per il superamento dei test di ingresso o per le verifiche finali. Queste ore dovrebbero essere scomputate dalla percentuale da dedicare alle attività previste all'interno del piano di lavoro individuale, altrimenti ciò determinerebbe un ulteriore carico di lavoro gravante sul personale.
Molti altri aspetti organizzativi provocano un vero e proprio caos nell’attività lavorativa di alcuni uffici, tra malfunzionamento degli applicativi, disfunzioni strutturali, sedi ancora fatiscenti, inidonee, a volte sine titulo, mobilità negate e comportamenti dirigenziali che in certi casi stridono con un’istituzione che dovrebbe, per suo espresso scopo, garantire la tutela dei diritti dei lavoratori.
Di esempi concreti, di decisioni del tutto insensate, contradditorie che spesso mettono gli uni contro gli altri, di cerchi magici alla corte del dirigente ne contiamo molti e molti sono i casi in cui non si è fatto il necessario per evitare certe nefandezze.
In questo scenario il ruolo dell'Audit e lo strumento della valutazione costituiscono due elementi che producono ulteriore malessere e contraddizioni.
Proprio in uno scenario così complesso e caratterizzato da disfunzioni certamente non ascrivibili alle lavoratrici e ai lavoratori, le procedure Audit dovrebbero assolvere ad una funzione di standardizzazione ed omogenizzazione dei processi, anziché agire in maniera pervasiva nei confronti del personale. Occorre, quindi, ripensare la funzione dell'Audit in una ottica di affiancamento dei processi lavorativi e non in chiave punitiva ex post.
Per quanto concerne il sistema di misurazione e valutazione della performance, a prescindere dal giudizio sulla misurabilità di attività e prestazioni come quelle che attengono al nostro lavoro, il carattere arbitrario, non trasparente ed iniquo del sistema di valutazione adottato ed il suo impatto su materie importanti come il salario accessorio, le progressioni economiche e il diritto alla carriera, produce, in misura sempre maggiore, malcontento tra il personale che ha già ben colto come questo complesso di norme, numeri e comportamenti attesi, lungi dal valorizzare il merito, si riduca ad uno strumento di gestione del personale.
Le distorsioni di questo SMVP sono rimaste inalterate nonostante a luglio 2024 avessimo messo nero su bianco alcune proposte di modifica.
Restiamo convinti che la componente comportamentale abbia un peso eccessivo (40%) nella valutazione complessiva. La stessa andrebbe ridotta perché caratterizzata da un elevato livello di discrezionalità del valutatore e poca trasparenza nella scala dei livelli di giudizio. Continuiamo a sottolineare come l’attuale SMVP rimanga non adeguatamente aperto al contraddittorio e al confronto tra i soggetti coinvolti.
Per USB PI è irrinunciabile procedere alla revisione del SMVP (e non a pochi correttivi), intervenendo sugli aspetti più palesemente iniqui al fine di garantire quanto più possibile equità e trasparenza ed assicurare al personale il potere impugnare il giudizio ottenuto attraverso una procedura di garanzia terza e imparziale.
Segnaliamo la necessità che l’esecuzione del lavoro a distanza costituisca finalmente un’occasione, un valore aggiunto e non una graziosa concessione. Esistono molte resistenze da parte della dirigenza dell’INL alla possibilità di fruire del lavoro a distanza per più giorni a settimana, in un contesto in cui il lavoro agile emerge non come “una delle possibili forme di lavoro” ma un privilegio in cambio del quale deve essere pagato un prezzo.
Ultima delle nostre proposte è la richiesta rivolta all’INL di imprimere una svolta sulla promozione della mobilità sostenibile, prevedendo misure e incentivi economici che possono scaturire dall’attuazione di azioni positive e seguendo battaglie di civiltà rivolte al miglioramento delle condizioni dell’intero personale. Sapere che sono attive convenzioni convenienti per gli abbonamenti al trasporto pubblico (bus, metro, tram, ecc…), canoni agevolati per il noleggio di auto a bassa emissione o incentivi economici per l’adozione di sistemi di condivisione dei veicoli (car-sharing, car-pooling) può migliorare alcuni aspetti della nostra vita lavorativa e rendere maggiormente attrattivo il nostro Ente.
In merito poi alle relazioni sindacali, nonostante la sistematica, oltre che antidemocratica, esclusione dai tavoli della trattativa decentrata per non aver sottoscritto il CCNL Funzioni Centrali 2022 - 2024, non siamo per niente pentiti di non aver barattato la dignità dei dipendenti pubblici, come hanno fatto i firmatari, in cambio di qualche favore o di trattamenti privilegiati da parte del governo.
Siamo sempre più determinati a seguire la strada che le lavoratrici e i lavoratori ci hanno indicato con il NO deciso espresso al Referendum sul contratto e che ci auguriamo si confermerà forte e chiaro alle prossime RSU contro coloro che non hanno esitato a svendere i nostri salari e i nostri diritti e continueranno a farlo nei prossimi contratti.
Perché una cosa è certa: anche fuori dai tavoli noi non rinunceremo mai a svolgere la nostra funzione di difesa dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Le prossime elezioni RSU rappresentano l’occasione per mandare un messaggio forte e chiaro: PIU’ FORTI NOI, PIU’ FORTE TU!!!
Roma, 2 aprile 2025
USB P.I.
Coordinamento Nazionale INL-MLPS
USB PI: TUTTA UN’ALTRA STORIA!
IL 14, 15, 16 APRILE
VOTA USB PUBBLICO IMPIEGO