A.A.A. Ministero del Lavoro offresi servizi ad aziende, lavoratori e professionisti.

Alta professionalità, costo zero

Roma -

E’ pervenuta alla nostra sigla sindacale un contributo inviatoci da alcuni Funzionari delle Politiche del Lavoro della DPL di Roma.

La giriamo a tutti i colleghi del Ministero  con l’auspicio  che possa rappresentare uno stimolo a chi di dovere per uscire allo scoperto e prendere finalmente una decisione su una materia molto delicata quale è quella della funzione arbitrale.   Non ci facciamo certo illusioni sulla  volontà  dell’Amministrazione, a cominciare dalla parte politica,  di rafforzare il ruolo pubblico dei nostri Uffici, però vorremmo  almeno si sapesse che una parte di addetti ai lavori è in grado non solo di esprimere un  pensiero critico ma anche di fare proposte concrete, e da noi condivise,  per offrire ai cittadini, prima di tutto ai lavoratori, un servizio dignitoso che ancora possa definirsi pubblico e … gratuito!

 Eccola.

 “Riceviamo e volentieri riferiamo la comunicazione interna del Servizio Politiche del lavoro e dell’ URP di Roma, nella quale si stima un sensibile aumento delle adesioni alle istanze di tentativo facoltativo di conciliazione da parte dei datori di lavoro grazie ad adeguata nota informativa sull’iter procedurale inviata dall’Ufficio a seguito del deposito dell’istanza ai sensi dell’art.410 C.P.C.

 

Un estremo tentativo di riaffermare la funzione istituzionale della mediazione delle controversie di lavoro, ragione irrinunciabile dell’esistenza stessa degli organi periferici del Ministero del lavoro.

Un servizio pubblico reso tanto ai lavoratori che alle imprese, a costo zero e con notevole professionalità, volto anche ad alleggerire i Giudici del lavoro costretti a macinare proposte conciliative assolutamente sbrigative.

 

 

Rincresce non poter renderci ancor più competitivi sul mercato delle controversie di lavoro, proponendo l’altro straordinario prodotto della decisione in via arbitrale: un lodo concluso dalla Commissione della DPL entro 60 giorni dal suo deferimento, su mandato delle parti conferito in qualunque momento del tentativo facoltativo di conciliazione.

Sul punto ringraziamo i colleghi di Bari per aver rammentato, sostenendo  l’onerosità del mandato arbitrale, che la nostra Amministrazione non affrontava affatto la questione nella nota esplicativa emanata dopo l’entrata in vigore del collegato lavoro, riservandosi ulteriore nota mai adottata.

Della necessaria onerosità del mandato arbitrale previsto dalla novella, del resto, non ha mai fatto mistero neanche il più accreditato dei commentatori ministeriali.

 

Possiamo a ragione ritenere che non si tratti di una mera dimenticanza ma di un attendismo dovuto più che  a profondi dubbi interpretativi a rapidissimi cambiamenti in atto delle regole del mercato del lavoro.

 

Per chi ha buona memoria, il sindacato RdB diffidava il Ministero del lavoro a fornire adeguata interpretazione sulla natura dell’attività arbitrale dei Funzionari dipendenti, ai sensi dell’art.7 dello Statuto dei lavoratori, nel Marzo del 2009.

L’allora Direttore Generale delle risorse umane, Dr. Pianese, ribadiva la natura privatistica dell’arbitrato e la sua assoggettabilità a compenso, non senza ritenere opportuno sia stabilire i criteri discrezionali di nomina dei Funzionari da parte dei Direttori della DPL, sia i parametri dell’onorario.

A seguito del pronunciamento della P.A. e ben un anno prima dell’entrata in vigore del collegato lavoro, a commento del già Ddl 1167, il medesimo sindacato ci faceva notare che, delle due, l’una:

o anche la decisione arbitrale della commissione di conciliazione, presieduta dai Funzionari del Ministero del lavoro come da Magistrati in pensione (ignorati di fatto), doveva considerarsi attività di natura privata, al pari dell’attività dei collegi di conciliazione ed arbitrato di cui all’art.7 dello Statuto dei Lavoratori, o entrambe le attività svolte dai medesimi Funzionari, rispettivamente su delega e su nomina Direttoriale, considerata la loro genesi e la  “ratio legis”, in particolare della norma dello statuto dei lavoratori, rientrano nei compiti istituzionali.

 

 

La riflessione è quindi aperta da tempo, e c’era da aspettarsi il silenzio nel merito da parte del Ministero.

Il silenzio protratto così a lungo sta a significare un certo imbarazzo nel prendere una decisione che potrebbe sancire definitivamente l’istituzionalità del compito oppure creare una sacca privilegiata di pubblici funzionari con licenza di business o, peggio ancora, creare una discriminazione insostenibile fra attività arbitrali con e senza compenso.

In concreto, il silenzio dell’Amministrazione nel fornire le necessarie  indicazioni sulle modalità applicative in materia di decisione arbitrale delle Commissioni di conciliazione in sede di tentativo facoltativo di conciliazione, impedisce  di attuare integralmente la nuova procedura.

 

E allora, noi che ci misuriamo quotidianamente con questo lavoro, abbiamo provato a pensare …

 

Metti che un lavoratore dipendente sia fatto oggetto di un pesante provvedimento disciplinare; che reagisca impugnandolo ai sensi dell’art.7 della L.300’70, nominando il proprio conciliatore; che la parte datoriale accetti il compromesso e nomini a sua volta il proprio arbitro; che entrambe le parti rimettano al Direttore di una DPL la scelta del terzo arbitro; che il Direttore della DPL scelga di nominare uno dei Funzionari dell’Ufficio; che si arrivi alla trattazione ed alla decisione, magari all’unanimità e senza particolari problemi.

 

Metti che la sanzione consista in una sospensione dalla retribuzione per due o più giorni, saggiamente derubricata ; che il compenso richiesto dal Presidente del Collegio arbitrale di fatto superi la somma di cui il lavoratore avrebbe subito la decurtazione in esecuzione della sanzione comminata;

 

metti che il lavoratore, pur consapevole di averla scampata senza ricorrere alle ben più sostanziose spese giudiziali, consideri però iniqua la partecipazione a titolo solidale alle spese per il compenso arbitrale, specie se operata in via di regresso dal proprio datore di lavoro con il trattenimento sulla busta paga della quota parte.

 

E  allora, metti che il lavoratore, stufo di rimetterci sempre e comunque, opti per il tentativo facoltativo di conciliazione prima di ricorrere al giudice e che il datore di lavoro, opportunamente informato, aderisca al tentativo depositando le proprie controdeduzioni.

 

Metti pure che, non trovando accordo né aderendo una o entrambe le parti alla proposta conciliativa della Commissione, le stesse deferiscano la decisione arbitrale  ex art.410 C.P.C. alla commissione. Medesimo risultato, nessun costo.

Unica differenza, la sospensione dell’esecuzione della sanzione, prevista solo in caso di impugnativa ai sensi dell’art.7 l.300/’70 , che può ritenersi  però compensata dalla celerità della procedura arbitrale ex art.410 c.p.c. , tale da scoraggiare l’immediata esecuzione del provvedimento disciplinare in vista dell’esito a breve termine che potrebbe vanificarla.

 

Troppo semplice?

Per chi difende il ruolo pubblico degli Uffici periferici del Lavoro è sin troppo ovvio.

Per quanti si illudono di poter restare abbarbicati all’unica fonte extraistituzionale di guadagno rimasta, mentre tutto il resto è stato mercificato a vantaggio di terzi privati (dalle conciliazioni in sede sindacale alle commissioni di certificazione in convenzione con i consulenti del lavoro, agli arbitrati ), forse no.

Viene spontaneo pensare poi, che se questa è la tendenza inarrestabile in atto, anche gli arbitri terzi ex art.7 saranno scelti fra i professionisti che si dividono la torta del diritto del lavoro e che mal sopportavano e ancor più mal sopporterebbero di accontentarsi della fetta più piccola lasciata da impiegati pubblici.

Altra ragione per la quale, non a caso, la stessa ipotesi del mandato arbitrale oneroso  ai sensi dell’art 410 C.P.C. rimane un’aspettativa repressa.

 

Solo riaffermando la funzione istituzionale della mediazione delle controversie di lavoro, individuali,  plurime o collettive che siano, potremmo riprenderci il nostro lavoro, altrimenti destinato a tramontare insieme agli uffici nei quali continuiamo a  svolgerlo.

 

Così come la classe forense ha reagito contro gli aspetti più regressivi della media conciliazione, enorme  affare  a scapito della tutela effettiva dei diritti , anche i Funzionari delle DPL, in particolare quelli che da decenni svolgono attività di conciliazione ed hanno maturato competenza, esperienza ed affidabilità indiscutibili, possono riprendersi il loro mestiere e dimostrare che una buona conciliazione dinnanzi alle Commissioni ex art.410 c.p.c. vale più di qualsiasi transazione a pagamento e soprattutto comporta un esame ben più attento delle questioni di quello che i Giudici del Lavoro, oberati di ricorsi , sono oggi in grado di  garantire in sede di prima udienza conciliatoria .

 

Un bel sussulto di dignità non ha valore e sicuramente vale più di una prestazione occasionale calata dall’alto e sempre più rara: che sia tutto considerato compito istituzionale, ché a rendere credibile e competitiva la DPL ci pensiamo noi !”

 

 Roma 8 agosto 2011

                                              USB/P.I. – Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.