TFR e i crack

Roma -

Un altro passo verso il furto della liquidazione dei lavoratori si è compiuto nei giorni scorsi.

Infatti, il 6 marzo 2007, l'ARAN e CGIL, CISL e UIL hanno siglato un accordo che consentirà l'istituzione del Fondo di previdenza integrativa per i dipendenti degli enti locali e della sanità.

Questo fondo integrativo, si profila di diventare il più grande fondo italiano.

Circa i due terzi dei dipendenti pubblici, secondo la stima del ministero della funzione pubblica, potranno, quindi, esercitare una scelta in più sul fronte delle pensioni.

Chiaramente, CGIL, CISL e UIL sono entusiaste.

Basta leggere quello che hanno dichiarato: "si tratta di un risultato importante che premia l’iniziativa di mobilitazione e di lotta del sindacato del Pubblico Impiego (quale?) che aveva posto la realizzazione della previdenza complementare al centro degli scioperi generali.

E’ il primo atto, essenziale, per affermare concretamente il diritto dei lavoratori pubblici di questi Comparti alla previdenza complementare per via contrattuale.

Con l’ipotesi di accordo, abbiamo garantito alle lavoratrici ed ai lavoratori la costituzione del fondo contrattuale anche con risorse aggiuntive da parte dei datori di lavoro evitando ai lavoratori di doversi rivolgere esclusivamente e individualmente a banche e assicurazioni per costruirsi la pensione complementare."

Non c'è che dire.

Anziché difendere il sistema previdenziale pubblico e mobilitarsi per aumentare queste indecorose pensioni, i promotori finanziari di CGIL, CISL e UIL hanno dato la possibilità ai lavoratori di Regioni, Autonomie Locali e Sanità di integrare la pensione pubblica con quella complementare dei loro fondi, al pari di quanto già avviene per il privato.

Questa intesa, inoltre, farà da battistrada al completamento del furto del TFR in quanto, a breve, si avvierà la previdenza integrativa anche per i restanti comparti del pubblico impiego.

Insomma, manca ancora un piccolo tassello per portare a compimento lo scippo.


Peccato che, nonostante i 17 milioni di euro stanziati per la pubblicità ingannevole favorevole ai fondi privati e che non vi sia la minima possibilità di un contraddittorio con chi la pensa in modo diverso (basta pensare a quelle scandalose trasmissioni sulla Rai di Ballarò), nel privato l'operazione del furto del TFR non sta dando i frutti preventivati.

Cresce, infatti, l'opposizione sociale e i lavoratori hanno capito bene che occorre diffidare da chi promette rendimenti più alti e magnifica la necessità di un vitalizio integrativo.

Anche perchè, non tutto viene portato a conoscenza e la controinformazione, come questa, funziona e pure molto bene.

Per esempio, dopo il crack dei fondi pensione della Sicilcassa, di Cassa Ibi (Cariplo), della Bnl e della Comit, un altro crack è apparso in questi ultimi giorni.

Quello del fondo pensione del Teatro Carlo Felice di Genova.

Infatti, si sono salvati dal crack del fondo pensione Carlo Felice solo i lavoratori che, giunti alla fine della loro carriera lavorativa, hanno riscattato tutto il capitale prima del 2002.

Dopo di questa data, il diluvio.

Oggi gli oltre 300 tra pensionati e lavoratori attivi del Teatro Carlo Felice di Genova non sanno se riusciranno a recuperare quanto versato nel fondo di previdenza integrativa a favore del personale dell’Ente autonomo Teatro comunale dell’Opera di Genova.

Il Fondo fondato nel 1971 con un accordo tra i sindacati confederali e l’Ente Teatro è andato in liquidazione nel maggio del 2004 (il primo in Italia) con un deficit, secondo il conteggio del commissario liquidatore, di quasi 9 milioni di euro.

E a dare una risposta a questi lavoratori e pensionati saranno, oramai, solo le carte bollate e la moneta fallimentare.

Il Fondo pensione "era gestito da amministratori e revisori divisi in misura paritetica tra Ente e sindacati".

Ma c'è un'altra notizia importante.

Oltre 45mila imprese hanno un saldo passivo (registrato lo scorso anno), pari a 3,6 miliardi di euro.
Questo enorme debito deriva da contratti stipulati con le banche su tassi di interesse e su quelli di cambio.

A questo, poi si deve sommare anche le perdite registrate dalle amministrazioni pubbliche (nel 2003 era di 6,5 miliardi di euro), sempre derivati da contratti stipulati con le banche.

Solo le banche, come è ovvio, hanno registrato un saldo positivo 2003 pari a oltre 10 miliardi di euro.

In pratica, mentre tutti perdono, (imprese, enti locali, altri intermediari) soltanto gli istituti di credito ci guadagnano.

Il crack delle scommesse sulle scommesse (questo sono i derivati) sui tassi di interesse o di cambio ha avuto come conseguenza la fuga dei padroni dai fondi azionari italiani che, dal 2002 ad oggi, sono costati ai risparmiatori l'1,2 per cento annuo offrendo un ritorno medio dell'1,5 per cento.

Solo negli ultimi tredici mesi, i padroni hanno ritirato 45 miliardi di euro da questi fondi: nel 2006 solo "per i novelli sposi Intesa e Sanpaolo c'è stata un'emorragia da oltre 10 miliardi".

E, mentre il buco delle amministrazioni pubbliche viene colmato con le stangate di ticket, Irpef locali ed ICI, il buco delle imprese chi lo ripianerà?

Semplice, la soluzione è a portata di mano.

Il buco verrà ripianato con il furto del TFR e con i fondi pensioni.

Quindi, mentre i padroni mettono al riparo i loro soldi nel mattone e all'estero, il governo, Confindustria e CGIL, CISL, UIL tentano di immettere sul mercato, a favore della speculazione finanziaria, i 21 miliardi di euro annui del TFR dei lavoratori.

E lo fanno senza tanti scrupoli, ricorrendo persino all'odioso silenzio/assenso o, al massimo, con piazzisti sindacali improvvisati.


Ma i lavoratori non sono scemi !


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