SUPERINPS: un super NO!
L’accorpamento degli Enti previdenziali in un unico SuperEnte diventa oggi uno dei punti irrinunciabili dell’agenda del prossimo, prevedibile, governo Prodi, concretizzando un disegno che parte da lontano.
Con la Riforma Dini, infatti, prendeva il via nel ’95 lo smantellamento del sistema previdenziale pubblico, a favore di una previdenza complementare privata, finanziata con il TFR dei lavoratori e fortemente sostenuta da CGIL-CISL-UIL, che già allora si proponevano come gestori diretti di un capitale che ammonta oggi a circa 14 miliardi di euro l’anno.
Era evidente che il "Patto scellerato" del ’95, introducendo un nuovo sistema di calcolo delle pensioni, passando dal retributivo al contributivo, avrebbe prodotto una profonda rottura tra le diverse generazioni, riducendo le future pensioni pubbliche al 30-40% dell’ultimo salario.
Si è scelto quindi, volutamente, di rompere il patto di solidarietà garantito dalla previdenza pubblica, lasciando i lavoratori soli di fronte ad un futuro rischio di povertà, collegato alla scelta del trasferimento del proprio TFR ai Fondi pensione.
All’interno di questo geometrico disegno di smantellamento della previdenza pubblica, la svendita del patrimonio immobiliare ha rappresentato uno strumento utile ad indebolire gli Enti, privandoli, nel caso dell’INAIL, delle cosiddette "riserve tecniche", mentre il ricorso massiccio alle esternalizzazioni ha prodotto un innalzamento dei costi e sottratto alcune importanti funzioni.
Oggi si passa ad una fase di aggressione diretta degli Enti previdenziali e, attraverso l’ipotesi di accorpamento di INPS- INAIL- INPDAP- ENPALS- IPSEMA- IPOST, si disegna un SuperEnte con soli 35.000 dipendenti, a fronte degli attuali 52.000, motivando tale scelta con l’esigenza di abbattere ulteriormente i costi della Pubblica Amministrazione.
La realtà è un’altra: si vuole portare a compimento il progetto avviato nel ’95, riducendo la pensione pubblica ad assegno sociale, per consegnare definitivamente il sistema previdenziale in mano alle banche, alle assicurazioni ed alle finanziarie.
Una volta attuato il disegno, l’effetto sui lavoratori degli Enti previdenziali sarà devastante: nella migliore delle ipotesi ci si troverà di fronte a processi di mobilità forzata, verso amministrazioni i cui salari sono sicuramente inferiori a quelli percepiti nel Parastato, provocando l’inevitabile "fermo" dei salari. Si prospetterà invece l’ipotesi del licenziamento per quei lavoratori che, messi in disponibilità per due anni (all’80% dello stipendio), non troveranno posto in altre Amministrazioni pubbliche (Art. 33 del D.Lgs. 165/2001).
La RdB-CUB con coerenza e fermezza si è opposta, dalla Riforma Dini in poi, allo smantellamento del Sistema Previdenziale Pubblico, allo scippo del TFR, alla svendita del patrimonio immobiliare degli Enti pubblici, alle esternalizzazioni. Oggi si oppone, con la stessa fermezza, alla costituzione del SuperEnte che, tra l’altro, accorperebbe ingiustificatamente funzioni profondamente diverse.
Da tempo la RdB avanza una diversa ipotesi di riorganizzazione degli Enti Previdenziali che prevede il mantenimento dei tre maggiori Enti e l’accorpamento a questi, sulla base delle specifiche competenze, dei cosiddetti Enti Minori e delle varie Casse privatizzate, la cui sopravvivenza è legata esclusivamente a specifici interessi corporativi; posizione questa espressa anche durante l’incontro che si è svolto all’INAIL con la Commissione Bicamerale di controllo sugli Enti Previdenziali.
Di fronte al devastante disegno del Governo è necessario dare vita ad una fortissima mobilitazione, per impedire lo smantellamento della previdenza pubblica e la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro.
Se l’unificazione degli Enti previdenziali rappresenta, come ha affermato Bersani ieri sera a Ballarò, il bullone che tiene insieme la maggioranza di Governo, armiamoci di chiave inglese e… svitiamolo!!!
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