INL, no al protocovid

Nazionale -

L’USB respinge e non firma il protocollo nazionale INL su sicurezza Covid-19 perché al primo posto c’è la salute dei lavoratori e di sicurezza, in questi termini, non si può parlare.

Sconcerto di fronte agli atti di questa classe dirigenziale e alle prese di posizione delle OO.SS. complici, non disponibili alla registrazione o verbalizzazione degli incontri, in barba al ruolo di rappresentanza di interessi “collettivi” e non personali.

La completa trasparenza, in questo caso, non era una scelta ma un dovere.

E’ bene ribadire che questa O.S. aveva rappresentato fin dall’inizio l’insensatezza di un protocollo sulla salute e sottolineato il rischio di generare l’ennesima nota imbarazzante per l’Amministrazione e motivo ulteriore di confusione per i lavoratori.

In materia di salute e sicurezza, valgono precise ed inderogabili norme di legge. Il protocollo esiste già: DVR con il suo adeguamento al rischio biologico nella situazione attuale di pandemia e DUVRI per la valutazione dei rischi da interferenza sui luoghi di lavoro.

Puntavamo alla stesura di un documento a tutela dei lavoratori, convinti che l’INL avrebbe dovuto svolgere un ruolo primario nell’adozione delle procedure di sicurezza, essere da guida.

Ci ritroviamo con un protocollo scadente che solo nel titolo si prefigge lo scopo di contenere la diffusione del Covid-19 per poi, nei fatti, non prevedere alcun capitolo da riservare alla sorveglianza sanitaria, intesa come cruciale presidio di “prevenzione” e di tutela della salute di tutti i lavoratori.

Un testo molto discutibile laddove si stabilisce che solo ad una distanza inferiore ad un metro (o prudenzialmente due) tra due soggetti vi sia l’obbligo di utilizzare il D.P.I. “mascherina” (peraltro senza l’aggettivo “idonea”), non tenendo minimamente conto dei fondamentali ed elementari principi d’igiene del lavoro e di fisica sanitaria relativi, ad esempio, agli indispensabili ricambi d’aria nei locali di lavoro. In luoghi di lavoro indoor l’obbligo di utilizzo del D.P.I. mascherina (e certamente non solo quella chirurgica) dovrebbe essere imposto sempre e al preciso scopo di limitare il contagio e non in considerazione del rispetto o meno del metro di distanza.

L’USB non firma un protocollo che non prevede alcun test sierologico preventivo e periodico o tampone per i dipendenti INL, possibili e magari inconsapevoli vettori del virus. Test, ricordiamolo ai nostri Dirigenti, eseguiti dall’Arma sul personale NIL e dalle Regioni sui tecnici della prevenzione delle ASL.

Gravissima e ridicola è la sostituzione del rilevamento della temperatura (nell’ipotesi di impossibilità per difficoltà organizzative) con il modello cartaceo di autocertificazione. Dopo averne raccomandato la misurazione all’ingresso degli uffici, i firmatari del Protocollo non specificano la strumentazione da usare (termometri ad uso promiscuo per utenza e dipendenti!?!), e passaggio ancor più grave, delegano la rilevazione di dati sanitari sensibili alle guardie giurate (ove presenti), in palese violazione degli artt. 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori, fatto a pezzi dopo 50 anni di storia.

Relativamente al capitolo servizi autovetture, si sarebbe indotti a pensare alle macchine di servizio (quali?) degli ispettori, invece si scopre che ci sono macchine di servizio (chissà di chi!?!) dotate di autista (anche in piena emergenza sanitaria dove in autovettura si deve stare da soli), senza l’obbligo di utilizzo di idonea mascherina e con dovere di provvedere alle operazioni di igienizzazione con quanto occorrente (non specificandolo).

 

 

 

Sono soltanto pochi esempi e potremmo continuare così, paragrafo per paragrafo, evidenziando tutte le violazioni di legge, le mancanze, le misure tutt’altro che restrittive del contagio ma crediamo che il quadro già delineato, oltre alla consapevolezza che ognuno ha maturato dello stato degli uffici territoriali e delle persone preposte alla loro guida, sia sufficientemente chiaro da tempo.

Adesso la parola passa ai territori ed è proprio lì che ci impegneremo a demolire le castronerie sottoscritte.

Il Covid-19 ha solo fatto da cassa di risonanza e scoperchiato anche all’esterno il vaso di pandora.

Lo ricordiamo a chi ha colpevolmente ridotto l’INL allo stato attuale, a chi ha svuotato la vigilanza tecnica, tenuto fuori azione gli Ispettori per mancanza di immediato adeguamento del rischio e mancanza di D.P.I. (di cui gli ispettori tutti sia tecnici che ordinari da sempre avrebbero dovuto essere forniti) lasciando da soli i lavoratori, che più che mai in questo momento storico avevano bisogno di tutela, gli eroi già dimenticati, e i tanti datori di lavoro onesti che hanno rispettato il lockdown prima e le norme di sicurezza per l’apertura poi, contribuendo ad evitare il dumping sociale permettendo, invece, ai “prenditori nostrani” di poter contare sulla mancanza dei controlli,  “svendere” la funzione istituzionale della vigilanza ispettiva ai prefetti per fingere di controllare con il rischio per il singolo Ispettore di incorrere in omissioni di atti d’ufficio.

L’USB non ci sta e ritiene suo preciso compito intraprendere ogni azione capace di ristabilire piena tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ad iniziare dal proprio, e il pieno coinvolgimento delle funzioni dell’Ispettorato del Lavoro,  la cui funzione ispettiva è stata lasciata colpevolmente ferma.

Basti pensare a quanti Ispettorati hanno ricevuto idonea e completa fornitura D.P.I. per procedere alla ripresa dell’attività di vigilanza.

A noi ne risultano davvero pochi e su questo qualcuno dovrà rispondere, magari registrandosi!

 

USB/P.I. Coordinamento Nazionale INL Ministero del Lavoro e ANPAL

L’USB respinge e non firma il protocollo nazionale INL su sicurezza Covid-19 perché al primo posto c’è la salute dei lavoratori e di sicurezza, in questi termini, non si può parlare.

Sconcerto di fronte agli atti di questa classe dirigenziale e alle prese di posizione delle OO.SS. complici, non disponibili alla registrazione o verbalizzazione degli incontri, in barba al ruolo di rappresentanza di interessi “collettivi” e non personali.

La completa trasparenza, in questo caso, non era una scelta ma un dovere.

E’ bene ribadire che questa O.S. aveva rappresentato fin dall’inizio l’insensatezza di un protocollo sulla salute e sottolineato il rischio di generare l’ennesima nota imbarazzante per l’Amministrazione e motivo ulteriore di confusione per i lavoratori.

In materia di salute e sicurezza, valgono precise ed inderogabili norme di legge. Il protocollo esiste già: DVR con il suo adeguamento al rischio biologico nella situazione attuale di pandemia e DUVRI per la valutazione dei rischi da interferenza sui luoghi di lavoro.

Puntavamo alla stesura di un documento a tutela dei lavoratori, convinti che l’INL avrebbe dovuto svolgere un ruolo primario nell’adozione delle procedure di sicurezza, essere da guida.

Ci ritroviamo con un protocollo scadente che solo nel titolo si prefigge lo scopo di contenere la diffusione del Covid-19 per poi, nei fatti, non prevedere alcun capitolo da riservare alla sorveglianza sanitaria, intesa come cruciale presidio di “prevenzione” e di tutela della salute di tutti i lavoratori.

Un testo molto discutibile laddove si stabilisce che solo ad una distanza inferiore ad un metro (o prudenzialmente due) tra due soggetti vi sia l’obbligo di utilizzare il D.P.I. “mascherina” (peraltro senza l’aggettivo “idonea”), non tenendo minimamente conto dei fondamentali ed elementari principi d’igiene del lavoro e di fisica sanitaria relativi, ad esempio, agli indispensabili ricambi d’aria nei locali di lavoro. In luoghi di lavoro indoor l’obbligo di utilizzo del D.P.I. mascherina (e certamente non solo quella chirurgica) dovrebbe essere imposto sempre e al preciso scopo di limitare il contagio e non in considerazione del rispetto o meno del metro di distanza.

L’USB non firma un protocollo che non prevede alcun test sierologico preventivo e periodico o tampone per i dipendenti INL, possibili e magari inconsapevoli vettori del virus. Test, ricordiamolo ai nostri Dirigenti, eseguiti dall’Arma sul personale NIL e dalle Regioni sui tecnici della prevenzione delle ASL.

Gravissima e ridicola è la sostituzione del rilevamento della temperatura (nell’ipotesi di impossibilità per difficoltà organizzative) con il modello cartaceo di autocertificazione. Dopo averne raccomandato la misurazione all’ingresso degli uffici, i firmatari del Protocollo non specificano la strumentazione da usare (termometri ad uso promiscuo per utenza e dipendenti!?!), e passaggio ancor più grave, delegano la rilevazione di dati sanitari sensibili alle guardie giurate (ove presenti), in palese violazione degli artt. 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori, fatto a pezzi dopo 50 anni di storia.

Relativamente al capitolo servizi autovetture, si sarebbe indotti a pensare alle macchine di servizio (quali?) degli ispettori, invece si scopre che ci sono macchine di servizio (chissà di chi!?!) dotate di autista (anche in piena emergenza sanitaria dove in autovettura si deve stare da soli), senza l’obbligo di utilizzo di idonea mascherina e con dovere di provvedere alle operazioni di igienizzazione con quanto occorrente (non specificandolo).

 

 

 

Sono soltanto pochi esempi e potremmo continuare così, paragrafo per paragrafo, evidenziando tutte le violazioni di legge, le mancanze, le misure tutt’altro che restrittive del contagio ma crediamo che il quadro già delineato, oltre alla consapevolezza che ognuno ha maturato dello stato degli uffici territoriali e delle persone preposte alla loro guida, sia sufficientemente chiaro da tempo.

Adesso la parola passa ai territori ed è proprio lì che ci impegneremo a demolire le castronerie sottoscritte.

Il Covid-19 ha solo fatto da cassa di risonanza e scoperchiato anche all’esterno il vaso di pandora.

Lo ricordiamo a chi ha colpevolmente ridotto l’INL allo stato attuale, a chi ha svuotato la vigilanza tecnica, tenuto fuori azione gli Ispettori per mancanza di immediato adeguamento del rischio e mancanza di D.P.I. (di cui gli ispettori tutti sia tecnici che ordinari da sempre avrebbero dovuto essere forniti) lasciando da soli i lavoratori, che più che mai in questo momento storico avevano bisogno di tutela, gli eroi già dimenticati, e i tanti datori di lavoro onesti che hanno rispettato il lockdown prima e le norme di sicurezza per l’apertura poi, contribuendo ad evitare il dumping sociale permettendo, invece, ai “prenditori nostrani” di poter contare sulla mancanza dei controlli,  “svendere” la funzione istituzionale della vigilanza ispettiva ai prefetti per fingere di controllare con il rischio per il singolo Ispettore di incorrere in omissioni di atti d’ufficio.

L’USB non ci sta e ritiene suo preciso compito intraprendere ogni azione capace di ristabilire piena tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ad iniziare dal proprio, e il pieno coinvolgimento delle funzioni dell’Ispettorato del Lavoro,  la cui funzione ispettiva è stata lasciata colpevolmente ferma.

Basti pensare a quanti Ispettorati hanno ricevuto idonea e completa fornitura D.P.I. per procedere alla ripresa dell’attività di vigilanza.

A noi ne risultano davvero pochi e su questo qualcuno dovrà rispondere, magari registrandosi!

 

USB/P.I. Coordinamento Nazionale INL Ministero del Lavoro e ANPAL