L’ispettore del lavoro va alla guerra

Roma -

Dopo le ultime esternazioni del ministero dell’Interno, che parla di vigilanza congiunta di ispettori delle ASL e dell’Ispettorato del Lavoro in ordine al rispetto delle disposizioni anti contagio nelle aziende autorizzate o che hanno chiesto l’autorizzazione a lavorare durante l’emergenza, pur ribadendo tutte le perplessità in proposito, già riferite al dottor Leonardo Alestra, USB ritiene opportuno sottolineare alcuni punti fermi che non mancherà di contestare qualora il personale ispettivo fosse effettivamente mandato allo sbaraglio, senza le opportune formazione ed informazione e senza gli adeguati mezzi di protezione personale.

Se il massacro del personale sanitario, infatti, è chiaramente dovuto allo smantellamento della sanità pubblica e alla totale assenza dei DPI che sarebbero stati comunque necessari di fronte al manifestarsi di un qualunque elemento patogeno di natura virale (tant’è che allo Spallanzani – e solo allo Spallanzani – non si è verificato nessun caso!) chiamare “eroi” le vittime di ciò, che non hanno potuto abbandonare al loro destino i malati, è ipocrita ed autoassolutorio.

Nessuno, per coprire il reale obiettivo di ridurre di una qualche frazione di punto il crollo del PIL, può chiamare alla “guerra” gli ispettori del lavoro, aspettandosi da questi un comportamento eroico, che metta a rischio la loro incolumità e l’incolumità delle loro famiglie.
Intanto, per prima cosa, occorre dire che qualcuno dovrebbe spiegare perché nelle attività produttive o comunque in quelle autorizzate, dovrebbero essere assunti protocolli diversi, ad esempio, da quelli allo studio nelle società di calcio per la semplice ripresa degli allenamenti dei giocatori.

I luoghi di lavoro dovrebbero essere sanificati sistematicamente. I lavoratori dovrebbero essere sottoposti a tampone prima di essere ammessi in detti luoghi. Ognuno di essi dovrebbe avere a disposizione un armadietto dove riporre i propri abiti personali ed un altro armadietto, possibilmente ubicato in un locale diverso, dove recuperare gli indumenti di lavoro (possibilmente monouso) e i DPI (maschera filtrante FFP3, guanti monouso, sovrascarpe, eventuale visiera). I servizi igienici dovrebbero essere dotati, oltre che di materiale detergente, anche di disinfettante e l’accesso ad essi dovrebbe essere non solo consentito, ma incentivato. Al termine del lavoro i lavoratori dovrebbero liberarsi degli indumenti di lavoro e dei DPI, quindi, quantomeno, detergersi le mani ed il volto e le parti del corpo rimaste esposte e, solo dopo, poter accedere al proprio armadietto e recuperare i propri indumenti personali.

Gli indumenti ed i DPI utilizzati dovrebbero essere imbustati, sigillati e conferiti a chi di dovere per il loro smaltimento.
Sanificazione dei locali e dei macchinari, tamponi, sostituzione delle maschere, dovrebbero essere effettuati con la necessaria frequenza e sulla base delle indicazioni dei virologi.

In sostanza niente di diverso da come è previsto si possa lavorare all’interno di un impianto, ad esempio, di compostaggio.
Ma, seriamente, aldilà delle generiche indicazioni sul distanziamento sociale, presentate utilizzando l’altisonante lemma di “protocollo”, qualcuno si aspetta seriamente di trovare almeno una sola azienda che adotti in maniera efficace queste prescrizioni?

E, sulla base dei fondamentali della prevenzione degli infortuni e dell’igiene del lavoro, che si imperniano sul principio di precauzione, gli ispettori che dovessero essere adibiti a questa vigilanza, proprio allo scopo di individuare e reprimere comportamenti sconsiderati, dovrebbero essere attrezzati presumendo che si possano trovare nella peggiore situazione possibile, ovvero a serio rischio di rimanere loro stessi contaminati.

Da questo punto di vista l’ispettore dovrebbe essere dotato:

  •  di una maschera FFP3 (l’unica tipologia idonea contro i microrganismi patogeni come virus, batteri e funghi. La FFP2 filtra solo particelle solide), dotata di valvola per consentire un uso prolungato. Peraltro la presenza della barba compromette in maniera significativa l’efficienza della maschera
  •  sulla marcatura della maschera, oltre all’indicazione della direttiva di riferimento, alla classe della stessa, vi deve essere l’indicazione “R” o “NR”. Nel caso vi sia “R” la maschera è riutilizzabile. Nel caso vi sia “NR” la maschera non è riutilizzabile e deve essere sostituita dopo ogni impiego “giornaliero”. È assolutamente sconsigliato lavarle.
  •  di una confezione plurima di guanti monouso da sostituire sistematicamente dopo ogni possibile contaminazione;
  •  di tute monouso;
  •  di sovrascarpe monouso;
  •  di salviette detergenti e disinfettanti;
  •  di visiera a protezione del viso.

Prima di accedere in azienda, l’ispettore dovrebbe procedere alla vestizione completa ed all’uscita, prima di entrare nell’autovettura, dovrebbe procedere ad inserire il materiale monouso impiegato in un apposito sacco e sigillarlo per poterlo conferire per il suo smaltimento.

Prima di essere adibito alla vigilanza, oltre ad essere investito della necessaria informazione e formazione, dovrebbe essere sottoposto a tampone per verificare che non sia egli stesso portatore del virus.
Peraltro, tutto il personale ispettivo con patologie pneumologiche, coronariche e diabetiche, dovrebbe essere comunque escluso da detta vigilanza.
In sostanza, questa organizzazione sindacale non vuole che gli ispettori del lavoro si immolino eroicamente a difesa del Prodotto Interno Lordo e pretende che siano messi in condizione di svolgere il loro lavoro senza che sia messa comunque a rischio la loro incolumità fisica e la loro salute.
In ogni caso, questo comunicato ha valore di diffida e messa in mora, nel senso che di ogni possibile contagio riconducibile all’organizzazione di questa vigilanza senza le opportune misure di sicurezza, porterà questa organizzazione a segnalare i responsabili all’Autorità Giudiziaria.

 

Roma, 16 aprile 2020

 

 

Coordinamento Nazionale Lavoro INL ANPAL