Ispettori e consulenti del lavoro: ieri come oggi si vuole subordinare il controllore al controllato!
A noi piace andare all’origine dei fatti, analizzandone cause ed effetti. Era il 2009 ed in occasione della celeberrima “direttiva Sacconi”, che in tema di vigilanza assegnava esplicitamente ai consulenti del lavoro funzioni di monitoraggio del corretto funzionamento dell’attività ispettiva, la dott.ssa Marina Calderone, allora presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro, dichiarava: “Si tratta di un progetto ambizioso in quanto si prefigge lo scopo di monitorare su tutto il territorio nazionale l’attività degli ispettori, al fine di individuare eventuali difformità dell’attività ispettiva rispetto a norme, regolamenti e alle stesse circolari del Ministero. Ma non solo. Vuole anche tenere sotto controllo eventuali denunce di comportamenti degli ispettori non in linea con le norme deontologiche e morali. Per creare questo monitoraggio, vengono identificati alcuni interlocutori privilegiati, ai quali viene affidato il compito di filtrare le denunce degli utenti, per evitare che lo strumento venga snaturato a causa di eventuali usi impropri”. (vedasi in allegato “Ispettori blindati” - comunicato del 13 luglio 2009)
Insomma, a meno che l’attuale ministra Calderone non voglia smentire se stessa, il tentativo di determinare la subordinazione dei controllori ai controllati è fatto che risale al 2009, con grave e diretto pregiudizio all’autonomia della funzione ispettiva, attuato mediante il riconoscimento alla categoria dei consulenti di un ruolo determinante nel monitoraggio delle funzioni di vigilanza.
Ciò premesso e visto che il Protocollo ASSE.Co del 2018 (firmato dal direttore Pennesi e dalla presidente Calderone) è scaduto nel febbraio 2021, è del tutto evidente che con l’attuale rinnovo si ripropongano le peggiori ricette della destra italiana, la quale non perde mai occasione per mettere la vigilanza sui rapporti di lavoro sotto attacco sia sul piano normativo sia sul piano delle risorse economiche ed umane ad essa destinate. Purtroppo, l’ubriacatura liberista o semplicemente l’attitudine all’adeguamento passivo ha impedito a molti ispettori di accorgersi per tempo di come la funzione ispettiva debba lasciare spazio ad un quadro normativo del tutto sbilanciato a favore delle imprese, soprattutto di quelle che hanno sapientemente utilizzato la deregolamentazione del mercato del lavoro e la lenta ma costante erosione dei diritti dei lavoratori (attuata da governi sia di destra che da governi fintamente progressisti) per mietere profitti e fare investimenti speculativi.
Il vento è quello del liberismo più sfrenato e nell’attuale quadro politico spira molto forte. In tema di codice appalti, peraltro, l’affidamento senza gara e la liberalizzazione dei subappalti avvantaggeranno di certo chi intende concentrare i soldi pubblici in poche mani e scaricheranno verso il basso i costi sulla sicurezza. Le piccole e medie imprese saranno costrette ad accettare qualsiasi condizione di subappalto per continuare a lavorare e ciò, di certo, infliggerà un durissimo colpo ai diritti e agli interessi dei lavoratori. Insomma, terreno fertile per caporalato e sfruttamento. Un governo da applausi, non c’è che dire!
All’interno dei nostri uffici non è un caso che con i consulenti del lavoro al governo (delle ispezioni) si stia tornando a criteri di valutazione degli uffici e dei singoli ispettori ridotti a numeri, e numeri peraltro prefissati come risultati attesi, senza alcuna considerazione del contesto sociale ed economico in cui si opera, senza alcuna valutazione della complessità intrinseca di un accertamento rispetto ad un altro.
Non è un caso, ribadiamo, che mentre si smantellano tutele e diritti dei lavoratori si tenti di trasformare un ufficio e i suoi operatori, posti a tutela di quei diritti, in guardiani chiamati a raccattare fondi tra le fasce più deboli dell’imprenditoria già allo stremo.
Questo è il contesto politico in cui inserire il rinnovo del Protocollo ASSE.CO, il quale resta strumento per l’attuazione di quel famoso “progetto ambizioso” di rendere i consulenti del lavoro i veri protagonisti della vigilanza, esautorando la funzione e le prerogative professionali dell’ispettore.
Coerentemente a questa impostazione non abbiamo condiviso sin dal 2009 e non condividiamo neanche oggi l’idea che l’autonomia ispettiva - o meglio ciò che ne resta - venga considerata un ostacolo insidioso e dunque da limitare, possibilmente da azzerare.
Nessuna forma di mascherata privatizzazione della vigilanza e men che meno la possibilità di “orientare l’attività di vigilanza in via assolutamente prioritaria nei confronti delle imprese prive della ASSE.CO”, proposizione questa che abbiamo combattuto sin dal 2014, anno del primo protocollo firmato dal ministro Giovannini e dalla presidente Calderone, di seguito rinnovato nel 2016, nel 2018 e pochi giorni fa.
Non condividiamo affatto le ragioni (e gli effetti) della creazione di salvacondotti per evitare ispezioni e ci opponiamo a qualsiasi fonte negoziale (come i protocolli) o di legge che possa mettere sullo stesso piano l’Ispettorato del Lavoro, organo dello Stato deputato a compiere le indagini in materia di lavoro, e i consulenti del lavoro, professionisti che hanno il compito di assistere chi riceve un accertamento e che, proprio per questo motivo, non dovrebbero essere messi nelle condizioni di orientare la vigilanza. Se è corretto che vi sia opportuna collaborazione è altrettanto doveroso che non vi sia alcuna mescolanza di interessi tra le due parti: ciò determinerebbe un intreccio pericoloso tra chi vigila sul rispetto delle norme e chi viene pagato per fornire consulenza ai datori di lavoro che quelle norme devono osservare.
Davvero si vuol credere che i consulenti segnalino le irregolarità delle aziente in favore delle quali prestano i loro servizi e, per questo, ricevono i compensi professionali?
Certo, restano esclusi i casi di ispezione su richiesta d’intervento, attività delegata da A.G. e controlli a campione sulle asseverazioni (e ci mancherebbe pure!), ma ciò che sembra intollerabile è che nell’attività di vigilanza su iniziativa, comprese quelle di campagna straordinaria (contro il caporalato, sulla sicurezza, in agricoltura, in edilizia, negli appalti ecc...) si faccia partecipare il controllato alla selezione di chi controllare. Restiamo convinti che la mescolanza tra ruoli, orientati verso fini e interessi diametralmente opposti, provochi la grave violazione dell’imparzialità dell’azione amministrativa ed inaccettabile vantaggio in favore di chi ha interesse ad evitare un controllo.
E poi non nascondiamoci dietro un dito: dall’ottobre 2022 imperversa una commistione di ruoli che sfocia in veri e propri conflitti di interessi tra il Ministero del Lavoro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’Ordine dei consulenti del lavoro. È inevitabile che tutto ciò stia generando delle vere e proprie mostruosità.
USB P.I. Coordinamento Nazionale INL – MLPS - ANPAL
Roma, 5 aprile 2023