INL, il grande bluff

Roma -

“Un’Agenzia finta con il coordinamento delle funzioni ispettive rimasto solo sulla carta”, ecco qui le parole del dott. Pennesi pronunciate sei anni dopo i presìdi e le manifestazioni in piazza organizzate da USB per contrastare, in splendida solitudine, il progetto politico renziano rivelatosi oggi fallimentare.

Quale è stata la finalità di quella operazione se non quella di moltiplicare le poltrone dei dirigenti, fissare un’autonomia operativa e finanziaria mai realizzata, gettando fumo negli occhi dei lavoratori con il placet di qualche organizzazione sindacale che credeva all’INL come panacea di tutti i mali?

Certo è curioso e al limite del paradossale che a sancire il fallimento dell’INL sia lo stesso direttore che sei anni fa difendeva l’efficacia e la bontà della scelta del governo Renzi. USB, unica voce fuori dal coro, lo abbiamo ricordato lunedì scorso al dott. Pennesi, si opponeva con forza alla nascita dell’INL a costo zero, sulla quale oggi il vertice politico innesta la retromarcia.

La realtà dei nostri giorni è che l’opera di svilimento ed erosione del diritto del lavoro accompagnata dal sistematico e progressivo smantellamento delle funzioni amministrative e ispettive (vedasi istituzione a saldi invariati dell’INL) ha indebolito i diritti di tutti i lavoratori. USB si interroga sulle ragioni della scelta politica di oggi: gestione diretta e governo delle ispezioni, magari orientandole verso il lavoro nero e poco altro, mentre dall’Europa sarebbero pronti i fondi stanziati per l’attuazione del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso, adottato nell’ambito del PNRR. Siamo convinti, dunque, che ci sia un rilevante interesse economico a fagocitare gli attuali 4.300 dipendenti dell’INL, altrimenti non si spiegherebbe l’accelerazione impressa all’operazione con la quale si sopprime un’Agenzia che, seppur finta, riporta ogni anno avanzi di bilancio.

Per questo, i proclami, gli impegni e le mirabolanti promesse non ci hanno affascinato sei anni fa e non ci incantano nemmeno oggi. Al tavolo convocato dalla ministra Calderone abbiamo ascoltato la volontà politica di volerci inglobare in un dipartimento del ministero al fine di consentire “una valorizzazione dell’istituzione e delle funzioni da essa esercitate, con più efficace ed efficiente radicamento sul territorio”. Di fronte alla genericità delle misure proposte abbiamo chiesto di esaminare la bozza del decreto per comprendere con quali interventi concreti s’intende garantire la valorizzazione dell’intero personale. In modo assai poco rassicurante abbiamo ricevuto soltanto parole e la promessa che il tutto non avverrà a costo zero. Su questo vorremmo capire, e sul punto la vaghezza è imbarazzante, in quale direzione e a favore di chi si disporranno i maggiori oneri a carico dello Stato.

Si è detto che il decreto in scrittura prevederebbe (il condizionale è d’obbligo) di utilizzare l’avanzo di bilancio INL (più di € 160 milioni) per la soluzione di alcune questioni, tra cui quella degli arretrati della perequazione. Quindi, torneremo al ministero confidando che il MEF ci conceda l’opportunità di utilizzare l’avanzo per coprire la corresponsione al personale degli arretrati anni 2020-2022. Operazione questa, lo vogliamo ricordare a quanti credono al volo degli asini, stoppata bruscamente 7 mesi fa dalla Ragioneria Generale dello Stato, i cui rilievi decretarono che gli avanzi del bilancio 2021 non potevano coprire l’anticipo sull’adeguamento dell’indennità di amministrazione e sarebbero serviti a ripianare l’indebitamento pubblico con l’emissione di BOT e CCT (roba da matti!).

Cosa cambia adesso? Per quale motivo nel decreto che prevede il rientro al Ministero non si prevede la copertura della misura con apposito fondo? La verità è che un’istituzione come il Ministero del Lavoro risulta credibile per le misure che adotta concretamente (vedasi Legge di Bilancio con il solo riconoscimento della perequazione a regime) e non per quelle che promette di realizzare. Il resto è solo un bluff.

Quello che continua a sembrare poco dignitoso è il fatto che dotati di competenze ancor più ampie rispetto a sei anni fa assicureremo ancora il consueto coordinamento ispettivo con INPS e INAIL, rimanendo ovviamente con trattamenti retributivi deteriori. Dunque, fine del ruolo ad esaurimento per il personale di vigilanza INPS e INAIL (che si è tenuto ben lontano dal progetto INL) e fallimento di ogni possibilità di uniformare gli stipendi a quelli degli Enti vigilati dal Ministero del Lavoro. Su questo aspetto la politica (con la p minuscola) non riesce mai ad incidere… chissà perché.

Servirebbe invece, e lo abbiamo proposto e sostenuto al tavolo, una norma da inserire già nel primo decreto che preveda la destinazione delle entrate in bilancio del ministero (ed i relativi avanzi) all’incremento dei fondi che finanziano il salario accessorio, in modo da dare copertura strutturale ad indennità fisse (come in INPS e INAIL) in favore di tutto il personale. Se non si produrrà questo cambiamento nella fase di ritorno al ministero ogni sforzo e ogni promessa di assicurare la valorizzazione del personale si scioglieranno come neve al sole. Quindi, non facciamoci illusioni: cambiare tutto, con almeno un anno di gestione transitoria, per non cambiare niente!

Anzi no, prepariamoci a cambiare le targhette fuori dagli uffici e speriamo che in qualche sede le abbiano conservate visto che la toponomastica rivive!

USB Pubblico Impiego - Coordinamento Nazionale INL – MLPS - ANPAL

Roma, 28 febbraio 2023