INL: FONDO POLETTI E L’ OPERA DA TRE SOLDI
Il 18 febbraio, come USB –sempre in quanto non firmatari del contratto a perdere sottoscritto da tutte le altre organizzazioni sindacali –non siamo stati convocati all’incontro della mattina, dove sembrerebbe siano stati raggiunti degli accordi FRD 2019 e sulle progressioni. In merito ci riserviamo di dire la nostra dopo aver esaminato le risultanze dell’incontro, anche se appare estremamente chiaro (non fosse altro, per l’andamento della discussione pomeridiana) che tutto il ragionamento si sia basato sulla coperta troppo corta per coprire le esigenze che quotidianamente si manifestano, con l’ovvio risultato di scontentare tutti o di riprodurre vecchie e nuove sperequazioni all’interno dell’INL.
Ovviamente il tema ineludibile delle risorse a disposizione è un tema politico che attiene alle scelte del ministro e del governo. Ma se solo una settimana fa è stata solo la USB a ricordare alla ministro Catalfo come le risolse necessarie siano già nel bilancio del suo ministero e che l’assenso del governo e del Mef hanno in questo caso una valenza squisitamente politica, il presunto “realismo” con cui il tavolo, nella migliore delle ipotesi, ha assunto la funzione di elemosiniere, dimostra per l’ennesima volta come chi dovrebbe agire per tutelare interessi e diritti dei lavoratori, in realtà, si limiti ad accreditarsi come detentore di un ruolo ed una funzione, ossia di un potere, da impiegare per qualsiasi siano i suoi scopi.
La cosa appare evidente esaminando i contenuti del tavolo pomeridiano, quello relativo al cosiddetto Fondo Poletti.
Ricordiamo a tutti che si sta parlando del fondo istituito a seguito della vertenza degli ispettori e sostanzialmente come una mera monetizzazione del rischio. In questo senso, dopo anni in cui abbiamo assistito al tentativo di ricondurre l’erogazione dell’indennità alle medesime logiche del vecchio Fua, ovvero come strumento per ottenere una maggiore produttività quantitativa a scapito della qualità dell’attività ispettiva, finalmente l’amministrazione ha fatto propria e condivisa un’idea della distribuzione del fondo indennitaria, legata cioè solo all’effettivo svolgimento dell’attività ispettiva.
In sostanza non avranno alcuna rilevanza la quantità di volte in cui l’ispettore farà uso della propria autovettura; avrà trasportato colleghi o sarà trasportato come terzo; avrà svolto lavoro in orario disagiato. Purché abbia espresso la propria disponibilità, avrà accesso alla ripartizione del fondo. Peraltro abbiamo richiesto che per quanto riguarda il lavoro in orario disagiato, la richiesta di dette prestazioni dovranno tenere conto delle esigenze personali e familiari dell’ispettore e dovranno essere ripartite in maniera equa tra tutto il personale.
Ovviamente questo risultato non rappresenta ancora il riconoscimento di una vera e propria indennità di funzione. Ma comunque, da un punto di vista pratico e senza qualche “strana” interpretazione di qualche dirigente territoriale (conoscendoli, sempre possibile), rappresenta quanto di più simile ad essa al momento ottenibile, sia in termini normativi e sia in termini economici.
Gli elementi positivi della bozza presentata dal direttore centrale Papa, però si limitano a questo.
Infatti nella bozza si continua a distrarre una quota non irrilevante e marginale dei fondi a disposizione per attribuire ai Capo Processo ed ai Capi Team dei Processi Vigilanza (oltre il solito obolo al Gruppo INFO-Vigilanza), questa volta sì, una vera e propria indennità di funzione.
Non vogliamo discutere certamente il fatto che chi assume dei compiti di responsabilità debba vedere anche economicamente un riconoscimento dall’amministrazione.
Ma cosa c’entra questo con la ripartizione del fondo Poletti?
Questa soluzione crea quantomeno due sperequazioni.
La prima nei confronti di coloro che negli ispettorati hanno analoghe responsabilità ma in altri processi e pertanto esclusi dall’accesso al fondo. Questa sperequazione potrebbe essere risolta solo in un secondo momento. Sul tavolo per la ripartizione del salario accessorio. Riconoscendo a quel personale un’indennità analoga e sottraendo le relative risorse a tutti gli altri dipendenti. Col risultato così di creare due distinti binari per incarichi assolutamente analoghi e di allargare la forbice salariale tra “capi”, “capetti” ed il resto del personale.
La seconda nei confronti di tutto il personale che comunque concorre a qualunque titolo alla vigilanza e che in questa maniera finirà per essere danneggiato economicamente e certo non incentivato dall’operazione.
Peraltro dobbiamo ricordare come gli incarichi di “responsabilità” allo stato e come abbiamo sempre denunciato, sono di carattere fiduciario, ovvero sono attribuiti, senza alcuna procedura certa, verificabile e trasparente, dal dirigente. Della questione, allora (ma comunque non nella ripartizione del decreto Poletti!), si potrà parlare quando l’INL si doterà di posizioni organizzative, con accesso concorsuale alle stesse, e con i necessari fondi previsti direttamente a tale scopo.
Allo stato, se i dirigenti intendono premiare i propri pupilli, lo facciano con i fondi a loro destinati, non sottraendoli ai soldi che sono di tutti i lavoratori.
Quello che dobbiamo ribadire con forza è che i soldi (si parlava di utilizzarne 70 milioni di euro l’anno) per eliminare tutte le sperequazioni con i trattamenti dei dipendenti dei ministeri più fortunati, ma anche degli istituti, ci sono. Sono nel bilancio del ministero del lavoro. Non c’è alcuna necessità di nessuna guerra tra poveri. E’ necessario che tutti uniti si pretenda che il ministro e il suo governo tengano fede alle proprie parole con fatti concreti.
Roma, 20/02/2020
USB/P.I. Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S., INL e ANPAL