INL, altro luogo e lavoro agile

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Riguardo le modalità di lavoro agile comunicate con la recente direttiva INL, abbiamo qualcosa da dire, anche alla luce delle disposizioni emanate a fronte dell’emergenza Covid 19 su tutto il territorio. La fine della sperimentazione ha segnato il passaggio a regole sullo smartworking diverse dall’impianto originario, in cui era previsto il ricorso al lavoro agile a completamento dell’orario di lavoro in servizio esterno.

In balìa del susseguirsi di direttive contradditorie, abbiamo dapprima assistito alla positiva parentesi della sperimentazione dell’orario di lavoro destrutturato, durata circa un anno mezzo in decine di sedi. Poi all’estensione di nuove regole su tutti i territori, con l’introduzione del report a consuntivo delle attività e l’insensata precisazione di non poter più considerare “altro luogo” quello della propria dimora per la prosecuzione degli accertamenti ispettivi. Scriteriato disegno completato, senza udire schiamazzi dalle solite sigle sedute ai tavoli, con l’emanazione della direttiva del 24/01/2020 che circoscrive le modalità agili ad un solo giorno a settimana, per un massimo di 4 giornate al mese.

Unica nota positiva, in un disegno generale che peggiora le regole sull’orario di lavoro, è la fine della continuità della prestazione giornaliera resa in smartworking. Riconoscimento connaturato all’essenza del lavoro agile, che se fosse inteso in modo rigido (prestazione continuativamente resa) provocherebbe l’oggettiva impossibilità di conciliare impegni lavorativi ed esigenze personali.

Da ultimo, sotto le spinte emergenziali tese al contenimento del contagio da coronavirus, i direttori interregionali hanno inviato specifiche indicazioni ai territori, secondo le quali è consentito temporaneamente il ricorso al lavoro agile anche nella “modalità parziale”, ovvero a conclusione dell’attività ispettiva. Al fine di concretizzare misure capaci di evitare il contagio da virus, gli ispettori sono invitati (anche se non da tutti i dirigenti locali) a lavorare da casa, e all’adozione delle massime forme di agilità in sede di programmazione dell’attività ispettiva. Insomma, ci voleva un’epidemia di dimensioni planetarie per far constatare all’Amministrazione che l’attività ispettiva non può essere ingabbiata in rigide modalità orarie; era necessaria la pandemia da Covid-19 per dimostrare che gli accertamenti ispettivi possono essere proseguiti e completati dal proprio domicilio.

In netto contrasto con un impianto tipicamente cottimista l’USB pretende che si travalichino i limiti temporali dell’emergenza sanitaria e che sia possibile per gli ispettori usare in modo flessibile le forme agili, anche a conclusione dell’orario di lavoro in servizio esterno.

Un approccio intelligente alla questione coglierebbe il legame strettissimo tra il lavoro agile e il tema della destrutturazione dell’orario di lavoro del personale ispettivo, ritenendo le modalità smart di lavoro capaci di dare impulso alla qualità degli accertamenti e di completare quell’autonomia ispettiva fino ad ora soltanto abbozzata e mai realizzata: “lo stesso personale sarà libero di svolgere gli altri adempimenti connessi all’accertamento sia in Ufficio o presso le sedi degli Istituti, sia presso il professionista, sia in qualsiasi altro luogo che risulti funzionale agli accertamenti e allo sviluppo della pratica ispettiva. Tale scelta è rimessa in capo a ciascun ispettore”.

Ci domandiamo, a questo punto, se si voglia davvero consentire la piena tutela della funzione ispettiva di fronte a resistenze dirigistiche locali, riconoscendo ai lavoratori ciò che chiedono da decenni, ovvero la destrutturazione dell’orario di lavoro. Destrutturazione, badate bene, che può aver luogo solo se l’orario di lavoro ispettivo verrà considerato come capace di interrompersi per poi proseguire all’interno della stessa giornata lavorativa.

Il lavoro agile svolto quotidianamente con modalità destrutturate (come l’altro luogo sperimentale) può garantire la massima flessibilità per l’attività ispettiva esterna e può innescare la vera destrutturazione dei luoghi e dei tempi di lavoro, ogni giorno e non una volta alla settimana.

Un’ultima considerazione sulla pandemia in atto. Se il primo obiettivo è fermare il contagio occorre che i lavoratori stiano a casa, con la certezza dello stipendio, fino al ripristino di condizioni normali. Allo stesso tempo è necessario dotare di tutti i dispositivi di sicurezza (praticamente inesistenti in moltissime sedi territoriali) quelli che devono rimanere al lavoro.

Con la salute, sulla pelle dei lavoratori, non si scherza.

USB/P.I. Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S., INL e ANPAL