CONTRATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO: A CHE PUNTO SIAMO

Sembra ormai essere in dirittura d’arrivo la direttiva del Ministro Madia sul rinnovo dei contratti pubblici, l’atto propedeutico che consente all’Aran di convocare le OO.SS. per l’avvio delle trattative. Almeno così si legge sui giornali di ieri, a conferma di una previsione tempistica fatta dallo stesso Ministero della Funzione Pubblica un paio di mesi fa.

L’atto di indirizzo sta quindi per essere emanato, ma siamo ancora di fronte ad una partita tutta giocata al buio, di cui si hanno ben poche certezze e quelle che si hanno diciamo subito che non ci piacciono. Infatti dopo anni di blocco contrattuale un contratto, per essere accettabile, dovrebbe almeno restituire ai lavoratori quello che hanno perso in tutti questi lunghi anni, sia in termini economici che in termini normativi.

Innanzitutto la questione economica. Al di là delle garanzie date dal governo per aumenti in busta paga pari a 85 Euro, gli stanziamenti previsti attualmente “assicurano” un aumento medio e a regime pari neanche alla metà di questa vergognosa richiesta al ribasso fatta da cgilcisleuil con l’intesa siglata il 30 novembre. Vergognosa perchè i sindacati complici del governo e nemici dei lavoratori ritengono che la cifra sia soddisfacente per restituire potere d’acquisto ai salari dei dipendenti pubblici che a causa del blocco contrattuale hanno perso mediamente, e i calcoli sono al ribasso, circa 6.500 Euro pro capite.

Per arrivare ai famosi 85 Euro sarà comunque necessario, sempre che questo avvenga, un ulteriore stanziamento con la legge di stabilità che verrà varata prima della fine dell’anno. Questi i fatti, tutto il resto è fuffa.

Poi il fronte normativo. Non si è ancora concluso l’iter di esame da parte di Camera e Senato sui contenuti della Riforma Madia che modificano in parte il Testo Unico sul pubblico impiego, il d.lgs. 165/2001, ed in parte la cosiddetta Riforma Brunetta. Anche qui ancora poche certezze che non lasciano presagire niente di buono. Saltate le fasce relative ai sistemi di valutazione (25%-50%-25%), rimane però in piedi non solo la filosofia che sottende alla valutazione del personale, imponendo erogazioni differenziate del salario accessorio, ma l’intero impianto della Brunetta, con i suoi odiosi provvedimenti come quello della tassa sulla malattia. Inoltre anche sul piano delle relazioni sindacali, il testo presentato al Parlamento fa chiaramente capire che, lasciando fuori dal confronto sindacale l’organizzazione del lavoro, si continua a voler relegare il sindacato ad una funzione che assume una connotazione esclusivamente notarile.

Ce n’è abbastanza per capire che, se veramente siamo alla vigilia della riapertura dei contratti, non si sta partendo con il piede giusto. Il diritto al contratto dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego va rivendicato, ma ad un contratto che abbia come cardine la valorizzazione del lavoro pubblico realizzata attraverso aumenti contrattuali veri, attraverso l’abolizione di tutte quelle norme che nel tempo hanno mortificato la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici, attraverso una politica di stabilizzazione del personale precario e di nuove assunzioni per il rilancio del servizio pubblico, attraverso un sistema di classificazione che superi definitivamente la questione del mansionismo.

Solo così potremo parlare di vero rinnovo contrattuale. Questa volta i dipendenti pubblici non saranno disposti ad accettare un contratto che non dia risposte vere ai tanti problemi. Il secco rifiuto dei lavoratori Alitalia alla pre-intesa siglata da cgilcisluileugl è la prova lampante che non si è più disposti a credere tanto facilmente a chi cura interessi diversi da quelli dei lavoratori.


CONTRATTO SÌ, MA SOLO COSÌ!