APPARENTE STATO DI AGITAZIONE
In allegato il testo impaginato
Lo stato di agitazione proclamato dai coordinamenti nazionali di CGIL, CISL, UIL del Ministero del Lavoro ci impone, ancora una volta, di fare chiarezza su alcuni punti fondamentali affinché i lavoratori siano più consapevoli dei processi in atto e di chi ha collaborato a determinarli.
Iniziamo con l’annosa e mai risolta questione degli ex addetti alla vigilanza.
Come è ormai a tutti noto, la sottrazione di 400 unità operative all’attività di vigilanza è conseguenza del paradosso inserito nel Contratto Integrativo vigente ove, per tale personale, si stabilisce l’acquisizione di un profilo superiore (C1) e, al contempo, la dequalificazione professionale che non permette più loro di emettere atti di rilevanza esterna.
L’esercizio dell’attività di vigilanza è a discrezione dei dirigenti e ciò produce una diversificazione inaccettabile e pericolosa di comportamenti che tutti conoscono e su cui pertanto non insistiamo.
Questa situazione, incresciosa per chi la subisce e svilente della funzione ispettiva, poteva essere superata con una modifica del Contratto Integrativo, tramite un ulteriore accordo tra le parti, ma in sette anni non c’è stata la volontà di procedere in tale direzione e il tavolo tecnico istituito alcuni mesi fa si è rivelato una ulteriore beffa.
C’è una spiegazione a questa “cattiva” volontà e sta tutta nel nuovo ordinamento professionale inserito all’interno del CCNL - Comparto Ministeri chiuso da poco e in base al quale sarà pressoché impossibile per gli accertatori del lavoro essere inquadrati in C/2 come gli ispettori.
Cosa chiedono allora i sindacati confederali all’Amministrazione con lo stato di agitazione?
Che tutti gli accertatori d’Italia escano sui territori, che facciano gli ispettori firmando i provvedimenti che firmano gli ispettori - cosa che avviene oggi solo in alcune D.P.L e quindi a “macchia di leopardo” - ma continuando ad essere sotto inquadrati e sotto pagati rispetto a loro, oppure che li accompagnino durante gli accessi presso le aziende coadiuvandoli nell’espletamento della funzione ispettiva, ruolo che per gli ex addetti si traduce nel concreto in un mix di portaborse, passa - carte e attendente, dopo decenni di servizio e di esperienza maturata sul campo?
E se vogliamo parlare della “piaga” delle esternalizzazioni allora, per esempio, dobbiamo parlare del “libro Bianco” di Maroni, cioè di quel manifesto programmatico neo liberista adottato dal governo Berlusconi ma elaborato da un pool di esperti prevalentemente di area CISL e Margherita che ha fatto da apripista alla legge 30 del 2003.
Esternalizzazioni e privatizzazioni di servizi pubblici, che a volte si nascondono anche dietro al decentramento amministrativo agli Enti Locali di funzioni e compiti propri dello Stato Centrale, si legano saldamente alle moltissime forme di precarizzazione del rapporto di lavoro.
Nella P.A. questi processi sono devastanti, e fanno bene i sindacati confederali a definire nel loro comunicato le esternalizzazioni una “piaga”.
Quello che CGIL, CISL, UIL, UGL non dicono è che sono il risultato della concertazione con cui da anni le stesse OO.SS. attuano la così detta modernizzazione della P.A. basata sui principi di efficienza e competitività mutuati dall’impresa privata e incentrati sulla massimizzazione dei profitti e la minimizzazione dei costi: una P.A. che in questo modo rinuncia progressivamente alla propria funzione sociale. Il nostro Dicastero ne è un esempio illuminante.
E che dire delle modalità di reclutamento di personale precario con cui vengono incrementate le carenze d’organico? Per le qualifiche “basse” (es. B1) invece di presentare le richieste di assunzione presso i Centri per l’Impiego, come recita la legge 56/87, il nostro Ministero (ma vale anche per gli altri) grazie al “pacchetto Treu” si rivolge alle agenzie interinali. Eppure le politiche attive del lavoro, un tempo, erano di competenza del Ministero, poi sono state decentrate alle Province e oggi, di fatto, sono in mano al collocamento privato da cui attinge anche la P.A. per scegliersi i lavoratori in modo poco trasparente ma certamente “sicuro”. Questi metodi, che una volta si chiamavano clientelismo, oggi sono legittimati, usati e giustificati proprio nel nome della tanto esaltata meritocrazia.
Sempre a proposito di meritocrazia, le proposte di riorganizzazione degli Uffici periferici del Ministero sono improntate ad una visione aziendalistica (si veda a tal proposito l’ultimo accordo Nazionale sul FUA 2007) che, non a caso, al centro mette il “Prodotto”, come se le D.P.L. sfornassero bulloni anziché servizi, e dove alla quantità del prodotto viene collegata l’entità del premio da distribuire ai lavoratori più meritevoli.
Nel caso degli ispettori ciò si traduce nella necessità di concludere le pratiche nel minor tempo possibile e rischia di condizionare pesantemente la scelta delle aziende da controllare soprattutto in relazione alle dimensioni delle stesse, alla difficoltà e/o consistenza della pratica, alla vicinanza dell’azienda dalla sede delle D.P.L. ecc. Tenuto conto, poi, che il concetto di produttività viene calato negli Uffici in assenza delle risorse minime che permettono l’acquisto di toner, carta, penne, di effettuare la manutenzione di fax, stampanti, computer, di poter raggiungere telefonicamente aziende e lavoratori, di mettere a disposizione del personale ispettivo i dispositivi di protezione. il quadro che ne esce è a dir poco desolante.
La RdB ha sempre contrastato questi processi che riducono i diritti dei lavoratori ed è proprio per questo che in molti Uffici periferici gli spazi di democrazia sindacale si restringono, guarda caso, per la RdB.
Ne sono testimonianza la vertenza in atto presso la DPL di Sondrio, dove un nostro delegato ha attuato 21 giorni di sciopero della fame a causa dei metodi autoritari dell’Amministrazione e la situazione di forte tensione presente in molte DPL. Tra queste anche la DPL di Roma dove la RdB ha interrotto le relazioni sindacali a seguito del vergognoso controesodo di ispettori del lavoro assegnati alle Direzioni Generali, della quasi totalità dei nuovi accertatori rientrati alla base dopo pochi giorni, se non poche ore, e a causa di un modello organizzativo basato su un concetto di produttività per noi inaccettabile perché dannoso sia per i dipendenti che per i cittadini utenti.
Il coordinamento nazionale RdB del ministero del lavoro riunitosi il 13 settembre scorso ha deciso di estendere la mobilitazione ricorrendo, ove ci sono le condizioni, a forme di lotta il più incisive possibili. E’ necessario per questo il sostegno di tutti i lavoratori e le lavoratrici.