La riorganizzazione del gattopardo

Roma -

Giuseppe Tomasi di Lampedusa fa dire a Tancredi, nipote del principe di Salina “Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi.”

Eravamo stati facili profeti (come al solito) quando - al tavolo in cui le organizzazioni sindacali venivano “sentite” in ordine alla riorganizzazione delle strutture periferiche dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro - di fronte alla lettura da parte del direttore centrale Diana dei cosiddetti “criteri” per l’affidamento delle posizioni di responsabilità, avevamo sottolineato con queste precise parole: “E’ aria fritta”, il fatto che il nazionale stesse affidando all’arbitrio di quella dirigenza che tanta responsabilità ha nello sfascio della funzione ispettiva, ogni minima possibilità di un effettivo cambio di passo e di agire nell’interesse della funzione e dei lavoratori che, nell’azione dell’Ispettorato, dovrebbero trovare un presidio alle loro condizioni di vita e di lavoro.

Chiariamo, non è che ci fossimo mai fatti eccessive illusioni.

Anche il governo che abolisce per decreto la povertà ed agita la clava della legalità solo contro i poveri cristi, in particolare se non nati nel belpaese, che ha affermato di aver eliminato il precariato con il pannicello caldo del “decreto dignità”, in realtà non ha fatto nulla, ma proprio nulla per ridare dignità e diritti ai lavoratori.

Come poteva, da una simile realtà, manifestarsi l’anomalia di un’effettiva ed efficace riorganizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro?

Ma se non dovessimo far conto sull’ottimismo della volontà, dovremmo dichiararci impotenti e, ritenendo sensata e di buon senso l’idea di riorganizzare la funzione ispettiva sulla base del lavoro per team, abbiamo tentato con spirito di servizio di contribuire al percorso delineato.

A posteriori, quando il delitto è praticamente compiuto, non possiamo che denunciare come la riorganizzazione è abortita sul nascere, lasciando in eredità solo un mero cambio toponomastico.

Con una stolidità ed una sicumera propria di chi si ritiene al di sopra di tutto e tutti, magari dichiarando di agire proprio per garantire quella continuità dell’azione che in realtà avrebbe dovuto essere messa in discussione, i “servizi” sono divenuti “processi” e le unità operative sono divenute “team” con una generalizzata conferma di coloro cui quelle articolazioni erano affidate, ovvero con la generale conferma dei “cerchi magici”, degli “yes men” e dei “compagni di merenda”.

Siamo arrivati al punto che chi, senza averne i titoli, ha occupato da oltre dieci anni un ruolo di responsabile, è stato confermato malgrado abbia in corso – non un procedimento disciplinare – ma un procedimento penale per abuso d’ufficio.

Se di questa e di altre situazioni altrettanto gravi questa organizzazione sindacale non mancherà di segnalare i casi alla Funzione Pubblica ed all’Autorità Nazionale Anticorruzione e di sollecitare l’attenzione di un ministro del lavoro evidentemente troppo distratto, chiediamo al dottor Alestra, se crede anche solo in minima parte al cambiamento di cui si è fatto promotore, di annullare tutto questo insensato bailamme e di ripartire da zero, imponendo alla dirigenza che, ahimè, si ritrova – magari riempiendo il vuoto che spesso alberga nelle scatole craniche, degli elementi e delle nozioni base di un’organizzazione del lavoro per team.

In tutta onestà, la fiera delle vanità che è imperversata in queste settimane negli uffici dimostra come – per essere buoni – del ritardo culturale che affligge la dirigenza non è esente il personale.

D’altra parte, se non intendiamo contestare le legittime aspettative di chi ambirebbe a ricoprire le posizioni di responsabilità, non può essere sottovalutato anche il problema di tutelare il personale valido che ha ricoperto incarichi di responsabilità e non è giusto che, sulla base dell’astratto principio dell’anticorruzione, venga messo da parte come una “scarpa vecchia”. Ma se comunque - se giustificate - esistono misure alternative alla rotazione che salvaguardano i principi anticorruttivi, è proprio nella natura del lavoro per team, in cui chi coordina non comanda, che è possibile valorizzare tutte le professionalità a disposizione in una sinergia positiva.

Siamo pertanto coscienti dei problemi oggettivi e perfettamente consapevoli del fatto che un’effettiva riorganizzazione non possa essere attuata per decreto e che il percorso reale richiederà tempo per dare i propri frutti. Però non possiamo certo considerare quanto avvenuto come la mera partenza di un percorso.

No, quello che è avvenuto è solo una falsa partenza che ha finito solo per peggiorare il già deprecabile stato dei fatti.

Coordinamento Nazionale USB Lavoro, INL, ANPA