LA MAPPATURA DELLE ATTIVITA' A RISCHIO.

E GLI INCARICHI ARBITRALI?

Nazionale -

1.   Nel 2009 il Ministero del lavoro, in risposta ad una diffida stragiudiziale dell’O. S. USB, chiarì che la nomina da parte del Direttore della DTL del Presidente del Collegio arbitrale, costituto ai sensi dell’art.7 dello  Statuto dei lavoratori, ha natura autorizzatoria. Con la medesima risposta veniva altresì auspicato che i titolari di tale potere di nomina individuassero gli eventuali  criteri di incompatibilità e che venissero altresì individuati criteri minimi per stabilire l’entità dei compensi per l’esercizio del mandato a titolo oneroso da parte del Funzionario pubblico autorizzato allo svolgimento di incarico extraistituzionale.

2.   Nel 2010, il collegato lavoro introduceva il possibile deferimento a decisione arbitrale della controversia in qualunque momento dello svolgimento del tentativo di conciliazione dinnanzi alla Commissione istituzionale presso la DTL. Tale disposto non ha mai avuto attuazione per mancanza di indicazioni da parte del Ministero del lavoro in ordine alla natura ed al carattere oneroso o meno di tale attività arbitrale.

3.   Nel 2012 una circolare interna  ha chiarito che i provvedimenti disciplinari irrogati al pubblico dipendente, a seguito della soppressione dei Collegi arbitrali giudicati troppo lascivi dallo zelante Brunetta, non possono essere impugnati in via stragiudiziale ai sensi dell’art.7 della L.300/’70, anche se il generale impianto normativo dello Statuto dei lavoratori si intenderebbe applicabile al rapporto di lavoro del pubblico impiego in quanto compatibile.

4.   Nel 2013 il legislatore, nel solco di una più ampia azione di contrasto alla corruzione nel pubblico impiego, ha imposto una interpretazione restrittiva delle incompatibilità del pubblico dipendente ed ha introdotto accorgimenti di prevenzione del fenomeno corruttivo mediante la mappatura delle attività a rischio. Con circolari attuative delle novità legislative in materia di trasparenza e di lotta alla corruzione, la nostra Amministrazione ha  ribadito, oltre agli obblighi di trasparenza relativi al conferimento di incarichi extraistituzionali, la preventiva autorizzazione agli stessi da parte del Direttore Generale del personale.

Siamo alla fine del 2013 e tutte le contraddizioni del sistema incarichi arbitrali restano immutate.

1.   L’Amministrazione non ha predisposto alcuna indicazione ad uso dei Dirigenti Territoriali per formalizzare ed uniformare i criteri di assegnazione di tali incarichi né ha fornito parametri per stabilire un equo compenso. Continuano a circolare “voci” di pretese di compenso sproporzionate e di uso improprio della figura del c.d. segretario

2.   Le Commissioni di Conciliazione non possono svolgere interamente ciò che la legge prevede in assenza dei chiarimenti attuativi promessi nella prima nota attuativa emanata sul nuovo tentativo facoltativo di conciliazione (tfc)

3.   il povero dipendente pubblico ha una tutela disciplinare “zoppa” in quanto può impugnare i provvedimenti disciplinari solo dinnanzi al giudice ordinario al contrario dei dipendenti privati

4.   in assenza dell’individuazione  dei criteri discrezionali per la nomina da parte del Direttore della DTL,  di chiari indici di incompatibilità all’assunzione dell’incarico, di aree di attività a rischio di condizionamento di scambio, siamo lontani anni luce dalla piena trasparenza e dalla corretta prevenzione della corruzione, attraverso una chiara declinazione di requisiti e condizioni soggettivi ed oggettivi.

Per contro, con inusitato zelo, gli incarichi di membro esterno per la Commissione degli esami di formazione sono stati limitati ai soli dipendenti in possesso di titolo di istruzione superiore, impedendo così a molti colleghi di continuare a svolgere un’ attività indubbiamente extraistituzionale, in base ad un requisito di competenza presunto.

Noi crediamo che,  presupposto necessario  per continuare a legittimare l’esistenza stessa di questa Amministrazione, sia quello  di rinunciare ai  microprivilegi dei pochi e di creare le premesse di una vera solidarietà tra colleghi e di un’interpretazione del proprio ruolo priva di ombre.

Per mettere fine a discriminazioni ed esclusioni di sorta e lasciare spazio alla piena credibilità nei confronti di quanti operano al servizio dei diritti del lavoro, magari potremmo cominciare col dare un pizzico di buon esempio.

Ciò comporta una rinuncia per pochi eletti ma un vantaggio per centinaia di lavoratori, costretti a farsi decurtare dalla già misera busta paga la quota parte di un compenso richiesto al datore di lavoro per ovvi motivi di decenza, e per ottenere un servizio che dovrebbe essere reso istituzionalmente. 

Se poi pensiamo che la “lettura onerosa” dei collegi arbitrali ex art.7 dello statuto dei lavoratori deriva da fonti interne che mai si sono misurate con la “ratio”  di chi negli anni ’70 ha voluto consentire una tutela ampia alla c.d. parte debole contrattuale  e non certo alimentare forme di business a danno della stessa, il ravvedimento operoso non sembra così difficile. 

Con la proposta di  riorganizzazione del Ministero continueremo ad essere pochi, almeno consentiteci di essere buoni, in primis con i più deboli.

Sarebbe un bel regalo di Natale, a tutti.

Roma 16 dicembre 2013             USB P.I.-  Coordinamento Nazionale Lavoro