PADRONI E ISTITUZIONI CONTRO IL LAVORO E I LAVORATORI

Nazionale -

La guerra che da sempre il capitale conduce contro la classe lavoratrice passa anche attraverso l’uso di una legislazione del lavoro che ha come obiettivo il profitto e l’impunità dei padroni, anche con l’uso distorto di organi dello stato che istituzionalmente dovrebbero tutelare la salute e i diritti dei lavoratori, quali gli ispettori del lavoro di tutti gli Enti preposti alla vigilanza per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e tutelare i diritti dei lavoratori stessi.

E’ da questi due concetti fondamentali, profitto e impunità che deriva tutta l’involuzione,  soprattutto negli ultimi quindici  anni, della legislazione del lavoro a scapito delle conquiste, sia in termini salariali che di diritti, che la classe lavoratrice aveva imposto con dure lotte negli anni cinquanta e sessanta al padronato, pervenendo allo “Statuto dei Lavoratori”, già una mediazione al ribasso, in un certo senso, considerato l’elevato rapporto di forza che alla fine degli anni ’60 esprimeva il movimento operaio complessivamente.

Fino alla fine degli anni settanta il lavoratore era tutelato da una serie di istituti  quali collocamento pubblico esclusivo, divieto d’interposizione, disciplina circostanziata del contratto a tempo determinato, limitazioni e giustificazioni del licenziamento, regolamentazione dell’orario di lavoro e di quello straordinario-festivo…., apprendistato, tutela delle lavoratrici madre, tutela del lavoro minorile, collocamento obbligatorio, controlli sanitari e sicurezza sui luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali, malattia, infortuni sul lavoro, tutela lavoratori adibiti ad attività lavorativa in orario notturno, regolamentazione lavoratori extracomunitari, e trattandosi di norme che risiedevano, quasi totalmente, nell’ambito penale sia l’intervento dell’ispettore del lavoro (Ufficiale di Polizia Giudiziaria) sia la portanza della norma costituivano da sé quantomeno elementi di dissuasione per eventuali comportamenti illeciti messi in atto da ‘spericolati’ datori di lavoro.

A partire dagli anni ottanta, con la L. 689/81 e il D. Lgs. 758/94 (leggi di depenalizzazione), gran parte dell’apparato sanzionatorio della materia giuslavoristica diventa a caratteristica ‘Amministrativa’ cosicchè le garanzie che il lavoratore poteva vantare e pretendere, attraverso le norme e la contrattazione, vengono sempre via via meno; in definitiva il datore di lavoro ridiventa il contraente sempre più ‘forte’.

La cancellazione delle tutele  al mondo del lavoro vengono portate avanti in modo scientifico dal legislatore e dal padronato che comincia falsamente ad evidenziare difficoltà occupazionali, si considerino le Leggi: n. 608/96 (assunzione diretta in luogo della preesistente chiamata ‘numerica’), con la  soppressione della richiesta numerica per l’avviamento al lavoro che comunque rappresentava una garanzia per tutti i lavoratori che concorrevano presso il collocamento pubblico; la legge 196/97 (c.d. legge Treu), (lavoro interinale, legge che apporta una prima, parziale, ma importante deroga al divieto dell’interposizione di manodopera fino allora sancito dalla L,1369/60), la legalizzazione di fatto della precarietà permanente di lavoro e di vita per milioni di giovani e meno giovani, mentre la stessa precarietà rappresenta un elevato profitto per le agenzie interinali;  IL D. Lgs. 469/97 sancisce il crollo dell’impalcatura del collocamento pubblico; la legge 30/2003 l’abrogazione della legge 1369 che vietava l’intermediazione di manodopera e costituiva un deterrente contro il caporalato.

Nel  nuovo millennio sono  azzerate le garanzie e le tutele dei lavoratori, viene rinnovato l’intero sistema legislativo in materia di lavoro, stravolto il sistema sanzionatorio che viene ad ‘ammorbidirsi’ a vantaggio del più sfrenato sfruttamento datoriale, che non solo trova vantaggio in norme sempre più premianti ma che addirittura viene ad essere ulteriormente favorito con sanzioni che, in sede di “DIFFIDA”, permette loro di pagare sanzioni al minimo.

Tutti gli aspetti della legislazione sociale sopra descritti vengono riscritti con nuove norme, quasi tutte a svantaggio dei lavoratori (si pensi alle irrisorie percentuali per l’avviamento al lavoro di soggetti iscritti al collocamento obbligatorio, L. 68/99, “all’elasticità” del nuovo part-time, L. 61/00 e successive modificazioni, L. 247/07, alla libertà di assunzione di lavoratori con contratto a termine, D. Lgs. 368/01 - art. 1 L.247/07- art. 21  L. 133/08, alle nuove tipologie di contratti di lavoro che creano di fatto precariato, D. Lgs. 276/03, che introduce ulteriore flessibilità e precarietà, infatti attualmente le tipologie contrattuali sono oltre 40, (p.s. lavoro occasionale accessorio, lavoro intermittente, co.co.co. anche  a progetto, ecc).; le nuove forme di apprendistato, le nuove norme in materia di occupazione di cittadini extracomunitari, la nuova normativa sull’organizzazione dell’orario di lavoro, D. Lgs. 66/03, le facili procedure di accesso agli ammortizzatori sociali per aziende che manifestano crisi, C.I.G. in deroga-

Nel 2008 peggiora la normativa relativa alla sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro, e con il nuovo testo sulla Sicurezza del Lavoro vengono azzerate le vecchie norme in materia (si ricordi la 626) a scapito di un sistema sanzionatorio più premiante per l’inadempiente parte datoriale. Il D. Lgs 81/2008 già una mediazione fino all’ultimo momento della sua approvazione viene immediatamente modificato in peggio con il decreto legislativo 106/2009 limitando le sanzioni e predisponendo anche l’istituto della delega che prevede la possibilità per i datori di lavoro di delegare ad altri soggetti a loro sottoposti, compiti e responsabilità che li preservano. In sostanza, è attuata una significativa riduzione di molte sanzioni amministrative e penali previste nella versione del  D. Lgs. 81/08 in vigore fino al 20 agosto 2009.

In particolare con il D. Lgs 106/09 è stata confermata la pena dell’arresto solo in quattro casi: mancata collaborazione di RSPP e medico competente nella valutazione dei rischi o mancata nomina dell’RSPP o datore di lavoro che svolge le funzioni di RSPP senza aver frequentato il corso di formazione obbligatorio, o nei casi in cui il datore di lavoro non abbia provveduto ad adempiere al provvedimento di sospensione nella fattispecie di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Con il 106/09 viene prevista l’estinzione agevolata degli illeciti amministrativi a seguito di regolarizzazione nei casi di inosservanza degli obblighi a carico del datore di lavoro puniti con la sanzione amministrativa; tra le vie di uscita al  il datore di lavoro, in caso di sola pena dell’arresto (previsto peraltro solo per le violazioni più gravi), gli è data la possibilità che possa chiedere al giudice di sostituire la pena irrogata, nel limite di dodici mesi, con il pagamento di una somma determinata secondo i criteri di ragguaglio previsti dal codice penale mentre, paradossalmente, è previsto che in alcune situazioni l’arresto per il lavoratore.

Recentemente la controriforma anticostituzionale del lavoro Monti – Fornero con l’abolizione di fatto dell’art. 18 e la possibilità di deroga ai contratti nazionali rappresenta l’attacco finale alla classe lavoratrice riportandola indietro di cinquanta anni, un ottimo regalo al padronato fatto soprattutto negli ultimi anni da tutti i governi che si sono succeduti sia di centro destra che di centro sinistra  con la complicità dei sindacati compiacenti.

Contestualmente si è agito peggiorando tutta la normativa legata all’azione degli Enti istituzionalmente preposti alla vigilanza (ispettori del lavoro, delle ASL, dell’INPS, INAIL, ENPALS ) volta a tutelare i diritti e la salute dei lavoratori, si è abrogata, come già detto, la legge 1369/61 legalizzando l’intermediazione di manodopera, intermediazione che ora viene esercitata  dalle agenzie interinali mentre prima  era un reato penale e costituiva un valido deterrente.

Con il D. Lgs. 124/04, attuativo della Legge 30, gli ispettori sono di fatto  trasformati in impiegati amministrativi con funzioni conciliative e di consulenza, si rafforza l’intervento del potere centrale sull’autonoma attività dell’ispettorato, attraverso la costituzione della citata Direzione Generale per l’Attività Ispettiva che mediante sia la predisposizione di circolari che di campagne ‘pubblicitarie’ ispettive decide di fatto quali siano i settori degni ‘di attenzione’ ispettiva, inventandosi anche la vigilanza etnica, cioè rivolta ai migranti, arrivando anche ad una sorta di deportazione in quei vergognosi centri di detenzione, perché trovati senza permessi di soggiorno; la d.g. decide quali devono essere i tempi, quali i numeri; si dà forte impulso pubblicistico alla conciliazione monocratica che di fatto solleva le aziende inadempienti da accertamenti ispettivi e rende l’ispettorato del lavoro partecipe di una grossa illegalità, quella cioè  di essere parte in causa in transazioni vantaggiose per il datore di lavoro (si pensi a scientifiche opposizioni del datore di lavoro a pagamenti di retribuzioni, straordinari, TFR…… per ottenere risparmi fino al 30% di quanto dovuto); viene a cadere quindi la funzione indagativa – accertativa dell’ispettore, funzione ritenuta dal ministero, attraverso alcune circolari strumentalmente “persecutoria”.

Con la c.d. direttiva Sacconi, il ministro,  riduce volutamente la possibilità di effettuare una adeguata ed efficace vigilanza presso le aziende. Si riduce di fatto la lotta al lavoro nero e alla verifica dell’applicazione delle norme di sicurezza sui posti di lavoro- indica in maniera precisa ed attenta quali debbano essere le azioni permesse ad un ispettore del lavoro nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali con la pretesa di indicare alla parte datoriale quali siano gli obblighi del medesimo, quasi alla stregua di un avvertimento, come dire: ‘attento ispettore comportati come DEVI altrimenti………’;  l’accesso presso l’azienda deve essere breve, limitandosi agli aspetti per i quali era scaturita la richiesta di intervento, evitando così di estendere in tutta l’azienda la verifica del rispetto dei diritti di chi lavora e delle norme di sicurezza; l’ispettore deve avere un atteggiamento di collaborazione e di consulente per l’impresa ribaltando la logica che la figura dell’ispettore del lavoro esiste per fare applicare le norme in materia di lavoro e sicurezza che le imprese devono garantire nello svolgimento dell’attività lavorativa; sempre secondo le direttive non deve essere presa in considerazione la denuncia anonima mettendo quindi il lavoratore in una posizione ulteriormente subalterna, costretto a continuare ad assoggettarsi al padrone,  pena la perdita del posto di lavoro per ritorsione qualora la denuncia viene fatta con l’identificazione del lavoratore stesso; la conciliazione monocratica quasi sostituisce l’attività ispettiva, vigilanza  che viene omessa anche in presenza dei rapporti certificati dai sindacati e per la stessa inosservanza dell’orario di lavoro che si protrae oltre le 48 ore settimanali e che  molto spesso è causa di incidenti sul lavoro- 

Tutto è volto alla verifica esclusivamente  del ‘lavoro nero’ senza poter allargare il campo di indagine alle altre problematiche ispettive; in definitiva la direttiva appare come un aut aut ben preciso tu ispettore o fai il tuo lavoro come dico io o……..- e questo messaggio è trasmesso alle imprese delegittimando la reale funzione degli ispettori i quali spesso vengono aggrediti dalle aziende non solo nel profondo sud ma anche nella ricca Emilia e nel nord Italia.

In sostanza questa direttiva impone agli ispettori del lavoro di chiudere non un occhio, come proponeva qualche anno addietro un altro ministro del lavoro artefice della legalizzazione del precariato, ma tutte e due,  intervenendo con un disinvolto permissivismo per tutelare l’impresa per la mancata applicazione di tutti gli istituti contrattuali che dovrebbero tutelare il mondo del lavoro.

Le  leggi sul lavoro dovrebbero tutelare soprattutto il lavoro subordinato, invece, sono volte a garantire il profitto e l’impunità delle imprese; ciò diventa evidente anche con esempi importanti come l’ispezione effettuata dal corpo ispettivo della D.P.L. di Roma presso il call center Atesia che ha coinvolto migliaia di lavoratori mettendo in luce  la capacità professionale, investigativa decretando la natura subordinata (e non parasubordinata come sosteneva l’azienda) del rapporto di lavoro con l’obbligo di immediata trasformazione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato; ma, ecco che subito l’ex ministro del lavoro Damiano corre in aiuto al padron Tripi inserendo nella finanziaria 2007 l’art. 178, una sorta di sanatoria per coloro che hanno di fatto utilizzato falsamente   i contratti a progetto mentre in realtà i lavoratori erano totalmente e in modo subordinato dipendenti dell’azienda, dando facoltà all’azienda stessa di assumere il lavoratore a tempo indeterminato previa rinuncia da parte del lavoratore alla rivalsa per tutto il rapporto di lavoro pregresso sia per quanto riguarda i contributi che la retribuzione.

Questa ispezione è durata dei mesi, vi hanno preso parte decine di ispettori, una verifica molto approfondita, come normalmente dovrebbe essere, altro che ispezioni brevi.  Così, come abbiamo altre volte detto in diversi nostri  comunicati, la funzione ispettiva si  riduce ad una mera vetrina supportata da statistiche varie dove vengono messe in evidenza i risultati che sono costantemente risibili, come dimostra anche l’ultimo rapporto annuale dell’attività ispettiva relativa all’anno 2011 presentato dal ministero del lavoro (tra gli allegati) a questa relazione, se rapportati al numero complessivo delle aziende che insistono sul territorio nazionale.  

I risultati dell’attività ispettiva relativa al 2011 ( dati del ministero del lavoro) svolta dal ministero del lavoro e dai vari Enti competenti INPS, INAIL, ENPALS, sono allarmanti, nettamente in calo rispetto agli anni precedenti; infatti, a fronte di 244.170 aziende ispezionate nel 2011 si evidenzia  un calo di oltre 70.000 ispezioni rispetto alle 315.170 effettuate del  2008, già una goccia nel mare considerato che le aziende – dai dati Istat - nel 2010 nei vari settori economici erano complessivamente 4.460.751 e con un numero di lavoratori occupati di 17.075.751.

Il dato preoccupante è che milioni di aziende non vengono ispezionate, ne viene controllato poco più del 5 % - milioni di lavoratori,  sono costantemente in balia dei padroni i quali sanno che difficilmente saranno puniti, con tutto quello che ne consegue in termini di inadempienze contrattuali per quanto riguarda i diritti, il salario, i contributi previdenziali ledendo la stessa dignità dei lavoratori  i quali sono costantemente ricattati perché molto spesso assunti con contratti a termine; è altrettanto significativo l’elevato aumento dei rapporti di lavoro intermittente, più che raddoppiati, e la “forte crescita” del lavoro occasionale accessorio con un utilizzo di 27.749.494 vouchers, risultati magari esaltanti  per il ministero del lavoro mentre in realtà rappresentano il perpetrarsi della mancanza di qualsiasi tutela per il lavoratore.

L’altro aspetto non secondario è l’evasione contributiva strettamente legata alla sicurezza sui posti di lavoro poiché certamente chi evade le tasse per avere più profitti non investirà denaro per la sicurezza sui posti di lavoro. Altro aspetto  che bisogna evidenziare è che questi controlli sono svolti per “l’emersione del sommerso”, con la logica, come abbiamo

detto, secondo le direttive ministeriali, una volta che l’ispettore è in azienda non DEVE

vedere altri aspetti che riguardano complessivamente il rapporto di lavoro quali la sicurezza e la prevenzione infortuni, inoltre una  buona parte sono piccole aziende.

Gli ispettori potenzialmente impegnati nell’attività ispettiva, per quanto concerne i dati sopra riportati, sono quelli del ministero del lavoro e degli Enti previdenziali, intorno a  4.500 unità, ben poca cosa rispetto alle 4.460.751 imprese; inoltre, c’è una parte degli ispettori del ministero del lavoro, impiegata per la vigilanza tecnica, meno di 500 unità , un

numero ancora più irrisorio in rapporto alle aziende da controllare , per le competenze che il ministero mantiene sulla sicurezza del lavoro e la prevenzione infortuni, considerato che nelle costruzioni, nell’industria e nei trasporti le aziende sono intorno al 1.500.000.

Altrettanto negativi sono i risultati raggiunti dai servizi di prevenzione delle ASL e non si può enfatizzare il risultato del 5 % ( rapportato al numero delle aziende 4.469.751 risultante dal rapporto ISTAT 2010, le ispezioni effettuate dalle ASL rappresentano molto meno del 5% delle imprese presenti sul territorio nazionale); anche in questo caso, restano totalmente senza un minimo di controllo  oltre 4.200.000 aziende, considerato che in termini assoluti, le aziende ispezionate sono complessivamente 162.525 di cui 53.000 nei cantieri edili e circa 6.000 nelle aziende agricole, quando ad ottobre 2010 in Italia risultano attive 1.630.420 aziende agricole.

Si tratta di una situazione molto grave, il servizio di prevenzione delle ASL ha la competenza su tutto ciò che  riguarda la sicurezza e l’igiene sui luoghi di lavoro ed opera sul territorio nazionale con poco più di 3.000 ispettori con qualifica di UPG.

La gravità della situazione, da sempre emergenziale nel mondo del lavoro, è rappresentata dall’elevato numero degli infortuni spesso mortali e invalidanti, che, come evidenzia il rapporto annuale 2011 dell’INAIL, sono stati 725.000, gli omicidi sul lavoro sono stati 920; enormemente troppi, sempre determinati dalla corsa al profitto, dal peggioramento delle condizioni di lavoro, dal mancato rispetto delle norme di sicurezza da parte dei padroni, dal peggioramento delle normative sull’orario di lavoro e dalla precarietà diffusa, anche se rispetto agli anni precedenti sono di meno, una ragione è certamente la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro a causa della recessione in atto, e, a poco servono gli appelli del capo dello stato e delle varie autorità pubbliche che nelle note ufficiali esprimono rammarico per quanto succede ogni volta che viene ucciso un lavoratore o durante le parate ufficiali.

Dalle varie programmazioni annuali fatte da tutti gli Enti preposti alla vigilanza risulta chiaramente la reale intenzione di non combattere gli omicidi, gli infortuni sul lavoro e

l’evasione contributiva, per loro è sufficiente dare la percezione dell’esistenza di un controllo, ogni ente o lo stesso ministero del lavoro preposto alla vigilanza, in più occasioni, si fa la propria passerella invitandosi a vicenda nelle varie occasioni  e bla.. bla… bla….-

 E’ indicativo quanto avviene alla Direziona Territoriale del Lavoro di  Roma (ex Direzione Provinciale Lavoro), a fronte di circa 450.000. aziende, da una dotazione organica di circa 300 unità, gli ispettori impegnati nei controlli sul territorio sono circa 100 di cui una

quindicina gli ispettori tecnici, i 200 mancanti all’appello negli ultimi due anni sono stati distaccati presso le d.g. del ministero del lavoro o presso la direzione regionale del lavoro.

 L’USB è convinta che per invertire questa nefasta tendenza al continuo peggioramento delle condizioni di lavoro, alla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, alla cancellazione dei diritti e alla continua perdita di salario dei lavoratori, quasi dimezzato negli ultimi quindici anni in rapporto al reale potere di acquisto, serva la determinazione di tutti i lavoratori che impongano, con la ricomposizione della  classe lavoratrice e la forza che è capace di esprimere, come ha dimostrato in tanti momenti storici, un nuovo modello di sviluppo.

Sono necessarie leggi di emergenza, cominciando con l’abrogazione di quelle leggi e direttive finora descritte che hanno determinato, in nome del profitto, la cancellazione di ogni diritto.

Contestualmente bisogna creare le condizioni per effettuare una vigilanza nei luoghi di lavoro efficace tale da rappresentare realmente un deterrente per quelle imprese che non garantiscono il rispetto dei diritti dei lavoratori e la loro sicurezza.

Occorrerebbe l’assunzione di almeno 50.000 ispettori, soprattutto tecnici, i quali si pagherebbero lo stipendio con il loro stesso lavoro, con il recupero dell’evasione contributiva; ma soprattutto, con una vigilanza costante, inciderebbero notevolmente nel ridurre gli incidenti mortali e la vita anche di un solo lavoratore vale molto di più del profitto di mille imprese. Siamo convinti, inoltre, che anche gli ispettori del lavoro così come tutti gli altri pubblici dipendenti che contribuiscono a garantire con il loro lavoro i servizi ai cittadini, devono acquisire la consapevolezza che sono parte integrante della classe lavoratrice e sono anch’essi colpiti da  questi continui attacchi  ai diritti e al salario, molti di essi mettono a disposizione i propri mezzi, spesso con rimborsi irrisori,  pertanto, devono pretendere il rispetto del proprio ruolo rivendicando la propria dignità, gli ispettori non si devono prestare ad essere “consulenti delle aziende ed equidistanti”, come vorrebbero i padroni e le istituzioni, ma devono svolgere la loro funzione per  garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e il rispetto dei diritti dei lavoratori.

Gli stessi ispettori devono vedere rispettati i propri diritti. Avere un orario di lavoro adeguato alla funzione, contrattualmente previsto, considerato che attualmente non esiste una norma contrattuale che preveda lo svolgimento del lavoro notturno o festivo. Inoltre tutti gli ispettori di tutti gli Enti o Ministeri preposti all’attività ispettiva devono avere uno stipendio adeguato alla loro funzione e alla loro responsabilità – a parità di funzione uguale  salario.

                          

                            USB P.I. – COORDINAMENTO NAZIONALE LAVORO E P.S.