ACCORDO ATESIA: come far passare lucciole per lanterne gabbando i precari

Roma -

Come nel gioco dell’oca, grazie a Cgil, Cisl e Uil, la vicenda ATESIA è in pratica tornata al punto di partenza. Cioè a quando, ormai più di un anno fa, è iniziato l’iter ispettivo a seguito della denuncia di alcuni precari presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Roma. Sin dai primi accessi ispettivi, infatti, l’Azienda, perfettamente consapevole dell’evidentissimo utilizzo illegale di migliaia di contratti a progetto sosteneva, mettendo le mani in avanti, di essere intenzionata a regolarizzare i co.co.pro fuori legge (tutti!), ovviamente nel modo per essa più conveniente. Gli ispettori però non si sono lasciati distogliere dai “buoni” (quanto sospetti) propositi aziendali ed hanno svolto fino in fondo la loro funzione di vigilanza conclusasi con la diffida al pagamento delle retribuzioni pregresse  e al versamento all’Inps dei contributi pregressi trattandosi, in assenza di qualsivoglia progetto, di lavoro chiaramente subordinato a tempo indeterminato sin da suo instaurarsi.

 

 I sindacati confederali si sono risentiti per essere stati scavalcati dagli ispettori, percepiti come degli intrusi ficcanaso: oggettivamente lo “scavalcamento” non è certo un buon segnale, anzi è un pessimo segnale, purtroppo diretta conseguenza della sottoscrizione da parte loro di contratti aziendali indecenti e addirittura peggiorativi di quella stessa legge 30 che Epifani, a parole, sostiene debba essere cancellata.

 

Il Ministro Damiano ci ha messo poi del suo nel tentativo di porre rimedio a quegli unici articoli decenti della Riforma Biagi, cioè quelli che chiariscono la tipologia delle collaborazioni a progetto e ai quali gli ispettori del lavoro si erano attenuti (l’art.69 al primo comma recita: i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso…sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto), emanando la ben nota circolare n.17 con la incredibile divisione tra inbound e outbound.

 

 A seguire sono intervenuti: l’avviso comune siglato ad ottobre  fra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil per la “corretta attuazione delle istruzioni fornite dal Ministero del Lavoro con la circolare n.17 del 14/6/2006 con specifico riferimento ai call center”; gli articoli costruiti vistosamente “ad hoc” per Alberto Tripi inseriti nella Finanziaria; l’ordinanza del TAR del Lazio e l’ultimo accordo sottoscritto dai sindacati che stabilizza i precari esattamente in linea con i desiderata dell’Azienda: con contratti part - time di quattro ore al giorno, con retribuzione inferiore a quella percepita come parasubordinati (i contributi quindi per metà li versa l’ATESIA ma è come se li pagassero i lavoratori   costretti ad accettare salari infimi e per l’altra metà sono a carico della collettività) e, soprattutto, con  l’obbligo della rinuncia al pregresso salariale.

 

L’accordo salva la faccia di Tripi che appare sulla stampa come colui che “offre”- bontà sua - il tempo indeterminato a migliaia di co.co.pro il cui sfruttamento selvaggio nel corso degli anni ha permesso il suo personale arricchimento selvaggio, salva soprattutto le sue tasche e, al contempo, fa passare i sindacati confederali e il Ministro del Lavoro come i vincitori assoluti della partita.

 

Ma gli ex precari, con 550 euro mensili non potranno che restare precari, anche se a tempo indeterminato e con la garanzia di alcuni elementari diritti prima negati.

Avranno un contratto part-time di 20 ore settimanali e saranno inquadrati al terzo livello del contratto delle telecomunicazioni, esattamente come è stato fatto per “regolarizzare” i precari  di “Telecontat”.

 

 Inoltre dovranno stare a completa disposizione dell’Azienda  poiché il part time è su turni di 24 ore e ciò significa che dovranno assicurare la reperibilità in qualsiasi momento, cosicché per loro sarà impossibile trovare un’altra occupazione part - time per integrare il salario da fame.

 

Se il Ministro Damiano, o chi per lui, si facesse due conti saprebbe bene quanto, con questo accordo, ci guadagna ATESIA e quanto ci perdono invece i lavoratori, al di là dei trionfalismi mediatici e le dichiarazioni roboanti di politici e sindacati.

 

Infine chiediamo al Ministro: perché non attiva l’Ufficio Legale del suo Dicastero per ricorrere al Consiglio di Stato avverso la sospensiva del TAR del Lazio?

 

 Sarebbe un segnale incoraggiante anche per i suoi ispettori già demotivati a causa delle pessime condizioni in cui sono costretti ad operare. Non basta dichiarare di voler assumere trecento ispettori e poi si lascia che il loro lavoro venga vanificato e la loro professionalità umiliata.