Controriforme

La "mission smarrita" degli ispettori e dei funzionari del Ministero del Lavoro. Contributo di alcuni Ispettori della Dpl di Roma

Roma -

Si è sempre detto che le norme per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e le norme per contrastare il lavoro nero in Italia esistono e che il problema è farle applicare.  

Quindi il problema sono i controlli. Ed è proprio questo il punto su cui non si vuole intervenire e, quando si interviene, lo si fa per rendere la vita più difficile ai controllori.

La c.d. manovra d’estate ha comportato per gli Ispettori del Lavoro concrete difficoltà nella lotta al lavoro nero, fenomeno dilagante e  strettamente collegato agli infortuni.

Qualsiasi addetto ai lavori in buona fede si è accorto che, senza avere il coraggio di abrogare l’art. 36 bis del decreto Bersani , l’art. 5 della legge n.123/2007, l’art. 14 D.Lgs 9 aprile 2008, n.81,  il nuovo legislatore li ha, in concreto, svuotati di significato.

Se ne è discusso nel corso dei moduli formativi di aggiornamento destinati agli Ispettori del Lavoro e lo hanno espressamente esternato, con sconcertante franchezza, alcuni dirigenti di questo Ministero.

La Direttiva Sacconi e le circolari  della D.G. per l’Attività Ispettiva nel far luce  sulle novità normative (es: libro unico e abolizione dell’obbligo di conservarlo sul luogo di lavoro) e nel renderle applicabili con i pochi mezzi a disposizione (detto elegantemente, le c.d. eventuali anomalie del sistema UNILAV ecc…), le  interpretano addirittura in modo elastico riducendo ancor più l’azione di controllo e al contempo aumentando il potere discrezionale degli ispettori  e scaricando su di loro eventuali pesanti responsabilità.  Cosa succede se durante il differimento della chiusura dell’attività dalle ore 12 del giorno successivo  all’accesso ispettivo, o dei giorni successivi in caso di chiusura dell’Ufficio o di festività, un lavoratore subisce un infortunio?  Davanti a un giudice,  una circolare o una direttiva, possono sostituire la legge?

Alle elastiche indicazioni operative  in sede di vigilanza  fanno seguito suggerimenti circa l’intensificazione delle conciliazioni monocratiche in via preventiva.

E mentre qualche commentatore dell’ultima ora tenta ancora di convincerci che  la nostra “mission” non è affatto morta, un’altra sciagura sta per abbattersi sul diritto del lavoro e sui nostri Uffici.

Si chiama DDL 1441 quater e significa, da un lato, la fine del primato delle disposizioni collettive sulla regolamentazione dei contratti individuali, dall’altro, le fine di adeguata tutela giudiziale dei diritti dei lavoratori.

In esso, non solo si prevede che i contratti collettivi nazionali possano introdurre clausole compromissorie per devolvere le eventuali controversie  al collegio arbitrale privato anche sulla base di forme di adesione tacita dei soggetti interessati alla procedura arbitrale, ma si introduce la certificazione dei contratti individuali contenenti clausole compromissorie.

Così, in molti si troveranno costretti ad abdicare ad adeguata tutela dei propri diritti, pur di essere assunti, accettando espressamente o in via concludente ed implicita che qualsiasi futura questione insorta con il datore di lavoro sia decisa mediante forme di giustizia privata.

D’altro canto, si prevede l’obbligo di impugnativa dinnanzi al giudice entro 90 giorni dei provvedimenti di licenziamento, dei contratti a termine, dei contratti di collaborazione e dei trasferimenti, pena la decadenza dal diritto

Ciò significa che su tali questioni  resta la competenza esclusiva del giudice del lavoro ma senza il filtro del tentativo obbligatorio di conciliazione presso i nostri Uffici, e senza alcuna corsia preferenziale  per consentire la rapida definizione della causa con  l’eventuale reintegrazione nel posto di lavoro.

Chi si ritroverà senza lavoro, se fino ad oggi poteva con qualsiasi atto contestare il licenziamento nei 15 giorni ed impugnarlo quindi negli ordinari termini di prescrizione, con la nuova normativa dovrà sbrigarsi a dare mandato ad un legale il quale, in forza delle modifiche al C.P.C., dovrà predisporre il ricorso reperendo tutti gli elementi di prova in tempo record, a pena di decadenza.

Quando poi la questione, nonostante i ruoli giudiziali prevedibilmente intasati, arriverà a discussione, il giudice “tenuto conto delle fondamentali regole del vivere civile e dell’oggettivo interesse dell’organizzazione”, dovrà limitarsi all’esame di legittimità formale del licenziamento o dei  contratti applicati, essendogli precluso l’esame nel merito del giustificato motivo oggettivo. I contratti di lavoro, sia collettivi che individuali certificati vengono infatti “blindati” contenendo l’elenco tipizzato dei casi di giusta causa e giustificato motivo di recesso dal rapporto di lavoro.

Qualsiasi osservatore in buona fede si accorge che il d.d.l. esaminato consente il massimo di libertà al contraente forte ed il minimo di tutela alla c.d. parte debole del contratto e che l’art.18 dello Statuto dei lavoratori viene di fatto aggirato.

Il tentativo obbligatorio di conciliazione, che nell’ultimo testo approvato al Senato non si ha più il coraggio di rendere, come in origine proposto, addirittura facoltativo, resterebbe fermo per le questioni residuali, perdendo comunque la sua essenziale funzione deflattiva ed assumendo  le commissioni che lo svolgono l’eventuale veste di sede arbitrale, esclusa però da qualsiasi compromesso. In più, a presiedere le commissioni di conciliazione  potranno essere anche ex magistrati e non più solo Funzionari delegati dal Direttore della DPL.

Così, dopo aver tolto agli  Ispettori del lavoro gli strumenti utili a combattere la piaga del lavoro nero, in nome della semplificazione degli adempimenti aziendali, vengono tolti ai Funzionari delle DPL gli strumenti utili a deflazionare il contenzioso del lavoro, in nome del primato della giustizia privata.

Sorge spontanea una domanda: non è che il destino degli Uffici periferici del Ministero del lavoro sia stato già segnato e per chi  vi opera  sia  in agguato, dietro l’angolo,  un folgorante futuro di mobilità?

 

                                                                                          RdB/CUB – DPL Roma